L'efficienza mentale, le capacità intellettuali, le attitudini della persona sono spesso indicate con la parola intelligenza che implica, in realtà, un concetto non molto chiaro e, in un certo senso, superato. Sarà più opportuno approfondire il tema, per precisarne i limiti e le caratteristiche, avvertendo che oggi si tende a dare una interpretazione dinamica dell'intelligenza, che è intesa come un impegno globale psichico che da una strutturazione iniziale arriva ad un apprezzamento, ad una risposta, ad una soluzione.
La mente agisce attraverso la scelta e l'interpretazione di dati e questa interpretazione si verifica attraverso il collegamento logico, razionale degli elementi percepiti. Il processo è spesso graduale, attraverso generalizzazioni ed integrazioni, che portano alla formazione di concetti, secondo la potenzialità psichica individuale. Ma possono anche verificarsi fenomeni rapidi di riorganizzazione del materiale per cui una improvvisa comprensione e presa di coscienza della situazione porta alla creazione psichica di unità superiori, alla formulazione di prospettive più generali e comprensive.
Gli psicologi hanno particolarmente sottolineato questo fenomeno per cui il processo mentale non si sviluppa per stadi, per «prove ed errori», ma si realizza, improvviso e simultaneo, come avviene, ad esempio, nella subitanea illuminazione dell'inventore.
Le modalità operative della cosiddetta intelligenza potranno essere meglio delucidate dal progresso delle ricerche di varie branche della psicologia (psico-fisiologia, cibernetica, biochimica cerebrale, ecc.); tipico dell'attività psichica è di saper simbolizzare, imitare la realtà; la capacità di costruire adeguati modelli di pensiero costituisce la comune intelligenza. Si considera, per definire il livello di intelligenza, il cosiddetto Q.I. (quoziente di intelligenza) il cui uso si è largamente diffuso in psicologia scolastica ed in psicologia del lavoro; e che viene, a sua volta, suddiviso in diversi indici.
La identificazione dei diversi «fattori» che costituiscono le funzioni mentali superiori ha portato a indicare attitudini mentali primarie come la rapidità percettiva, la comprensione verbale, la scioltezza verbale, l'abilità aritmetica, la rappresentazione spaziale, il ragionamento induttivo, la memoria. Si sono sviluppati dei profdi intellettuali, sulla scorta dei risultati di reattivi diversi, che permettono di fare un quadro plausibile della struttura dell'intelligenza di un soggetto, delle sue doti attitudinali. Ma queste qualità mentali non possono essere disgiunte da altre caratteristiche della persona. Il livello mentale individuale, infatti, è correlato ad altri fattori psichici; così, ad esempio, un grado elevato di intelligenza è risultato associato spesso ad un equilibrio emotivo e ad un notevole grado di salute fisica per bambini con un quoziente di intelligenza superiore a 140.
Negli ultimi decenni si è sottolineata l'importanza di un pensiero produttivo, di una intelligenza creativa. Si osserva che occorre coltivare quella attività psichica che porta ad atteggiamenti originali, a nuove prospettive, previsioni, soluzioni. Il pensiero produttivo è caratterizzato da una intensa spinta motivazionale del soggetto e si sviluppa precocemente nell'età infantile e nella fanciullezza, raggiunge un suo massimo intorno ai vent'anni, poi diminuisce se non viene attivamente coltivato; sulla intelligenza produttiva influiscono notevolmente le condizioni ambientali (una situazione familiare stimolante, un livello di cultura buono, una adeguata emulazione, ecc.).
L'interesse per l'intelligenza produttiva, che oggi si cerca per diverse vie di incoraggiare, è connesso alla meta sociale del successo della comunità; l'intelligenza produttiva è definita «l'insieme delle funzioni psichiche superiori che assicurano il successo ed il prestigio in una determinata cultura».
martedì 22 aprile 2008
Mente dell'uomo
Un processo evolutivo infantile porta l'individuo all'acquisizione del rapporto di oggetti con determinati segni verbali; e l'apprendimento verbale è alla base del simbolismo del linguaggio, fonte di relazioni umane e di conoscenza. Ma il processo di simbolizzazione è stato approfondito anche nei confronti delle attività psichiche non consce. Ha affermato Freud che tutto ciò che non deve essere chiaramente espresso, per intervento di divieti e rigorismi morali, viene simbolizzato ed i simboli diventano, così, esempi delle idee represse dall'individuo, che devono essere interpretati per una conoscenza approfondita della dinamica inconscia.
A sua volta, Jung ritiene che i simboli costruiti dalla persona rappresentino figurazioni ancestrali (il padre, la madre, la nascita, la vita, ecc.) che si ritrovano nei miti, nel folklore, nei sogni (archetipi), E H. Silberer sostiene che quando si riduce l'energia psichica disponibile per il pensiero, la persona cerca la scorciatoia della simbolizzazione.
Sulla simbolizzazione verbale si sono sviluppate interessanti osservazioni. Si è messa in rilievo la discrepanza che viene a manifestarsi sino dall'età infantile tra l'attività verbale e l'attività non verbale, tra ciò che è detto e ciò che dovrebbe essere fatto, tra l'affermazione e la fantasia, ed anche tra le fantasie stesse.
Questo contraltare tra attività profonda ed attività verbale, questo conflitto che si apre, su vari piani, con l'acquisizione del linguaggio e l'inserimento sociale hanno sviluppi patologici, secondo alcuni autori, nel delirio e nella desocializzazione. Si osserva che, con la simbolizzazione, l'individuo viene a sottrarsi alle correzioni ed ai divieti, alla necessità della rispondenza del segno verbale con la realtà sociale, alla convalida sociale del suo comportamento. In questa situazione una persona può strutturare il suo pensiero e la sua simbolizzazione in modo patologico, deviando verso un'attività immaginativa più o meno avulsa dalla reciprocità sociale, più o meno fantastica; da cui lo svilupparsi del comportamento autistico di malati mentali come i paranoici. Osservazione e giudizio sono approfonditi da varie ricerche.
Si rileva che nel processo con cui si approfondisce l'esperienza interviene l'attenzione diffusa o una concentrazione psichica; e si parla di autosservazione per indicare il mezzo di autoconoscenza dei propri impulsi, sentimenti, pensieri, che è strettamente connesso all'autocoscienza. Il comprendere è considerato un processo per cui il soggetto si svincola da un campo indeterminato per entrare in un rapporto soggetto-oggetto che si articola in una struttura globale; e il giudicare è un processo che, attraverso il sentimento e la valutazione della realtà, mira a raggiungere un senso di certezza (anche se molte volte si arriva ad opinioni empiriche e ad errori).
A sua volta, Jung ritiene che i simboli costruiti dalla persona rappresentino figurazioni ancestrali (il padre, la madre, la nascita, la vita, ecc.) che si ritrovano nei miti, nel folklore, nei sogni (archetipi), E H. Silberer sostiene che quando si riduce l'energia psichica disponibile per il pensiero, la persona cerca la scorciatoia della simbolizzazione.
Sulla simbolizzazione verbale si sono sviluppate interessanti osservazioni. Si è messa in rilievo la discrepanza che viene a manifestarsi sino dall'età infantile tra l'attività verbale e l'attività non verbale, tra ciò che è detto e ciò che dovrebbe essere fatto, tra l'affermazione e la fantasia, ed anche tra le fantasie stesse.
Questo contraltare tra attività profonda ed attività verbale, questo conflitto che si apre, su vari piani, con l'acquisizione del linguaggio e l'inserimento sociale hanno sviluppi patologici, secondo alcuni autori, nel delirio e nella desocializzazione. Si osserva che, con la simbolizzazione, l'individuo viene a sottrarsi alle correzioni ed ai divieti, alla necessità della rispondenza del segno verbale con la realtà sociale, alla convalida sociale del suo comportamento. In questa situazione una persona può strutturare il suo pensiero e la sua simbolizzazione in modo patologico, deviando verso un'attività immaginativa più o meno avulsa dalla reciprocità sociale, più o meno fantastica; da cui lo svilupparsi del comportamento autistico di malati mentali come i paranoici. Osservazione e giudizio sono approfonditi da varie ricerche.
Si rileva che nel processo con cui si approfondisce l'esperienza interviene l'attenzione diffusa o una concentrazione psichica; e si parla di autosservazione per indicare il mezzo di autoconoscenza dei propri impulsi, sentimenti, pensieri, che è strettamente connesso all'autocoscienza. Il comprendere è considerato un processo per cui il soggetto si svincola da un campo indeterminato per entrare in un rapporto soggetto-oggetto che si articola in una struttura globale; e il giudicare è un processo che, attraverso il sentimento e la valutazione della realtà, mira a raggiungere un senso di certezza (anche se molte volte si arriva ad opinioni empiriche e ad errori).
Inibizione motoria e angoscia
Tra le funzioni del sistema nervoso centrale si sono troppo privilegiati il pensiero e la sensazione, a scapito dell'azione. Nel corso dell'evoluzione l'organismo si è strutturato in modo da poter reagire all'ambiente e ciò attraverso l'azione. In tal modo poteva conservare l'omeostasi, o costante condizione di vita interiore secondo il concetto di Claude Bernard, o un costante piacere secondo Sigmund Freud. Quando l'azione è resa impossibile, per via del sistema inibitore e della liberazione di noradrenalina, ACTH e glucorticoidi con il loro influsso vasomotorio, vascolare, metabolico periferico, allora nasce l'angoscia. Ricordiamo le principali circostanze in cui essa compare.
1. Quando la memoria ha fissato nelle sue trame nervose l'esperienza: a) di un avvenimento dannoso, b) di una punizione diretta o indiretta imposta dall'ambiente socioculturale, c) di una punizione a venire per il fatto di aver trasgredito a un divieto, e se questo divieto si oppone a una pulsione tendente a soddisfare un bisogno fondamentale. La pulsione può provenire inoltre da un altro apprendimento, anche socioculturale, da un bisogno acquisito e rinforzato per la gratificazione che risulta dal soddisfarlo.
2. Il secondo meccanismo della genesi dell'angoscia consiste in ciò che noi abbiamo chiamato deficit informazionale. Risulta dall'aver appreso la esistenza di fatti, pericolosi per la sopravvivenza, per l'equilibrio biologico, per il piacere, dovuti alla comparsa di un avvenimento non ancora inserito nel repertorio e pertanto ignoto nei suoi risultati, se dannosi o benefici. Lo shock del futuro entra in questo quadro. Deficit e sovraccarico di informazione hanno lo stesso risultato: inibizione dell'azione, e angoscia.
3. Il terzo meccanismo è l'immaginazione, che prospetta scenari e situazioni di cui non si ha esperienza e pertanto possono suscitare apprensione e angoscia. Quali i mezzi per risolvere l'angoscia? Vi è l'aggressività difensiva, o azione, spesso inefficace. Può precedere o seguire l'inibizione comportamentale. Se seguita da successo, potrà rinforzarsi pervia della gratificazione e del risultato. Altrimenti, per evitare la sottomissione alle regole, ai divieti, con il loro corteo psicosomatico, essendo impossibile la fuga e la lotta, non resta che rifugiarsi nella immaginazione, che può realizzarsi nella religione, nelle tossicomanie, nella creatività, o nella nevrosi.
1. Quando la memoria ha fissato nelle sue trame nervose l'esperienza: a) di un avvenimento dannoso, b) di una punizione diretta o indiretta imposta dall'ambiente socioculturale, c) di una punizione a venire per il fatto di aver trasgredito a un divieto, e se questo divieto si oppone a una pulsione tendente a soddisfare un bisogno fondamentale. La pulsione può provenire inoltre da un altro apprendimento, anche socioculturale, da un bisogno acquisito e rinforzato per la gratificazione che risulta dal soddisfarlo.
2. Il secondo meccanismo della genesi dell'angoscia consiste in ciò che noi abbiamo chiamato deficit informazionale. Risulta dall'aver appreso la esistenza di fatti, pericolosi per la sopravvivenza, per l'equilibrio biologico, per il piacere, dovuti alla comparsa di un avvenimento non ancora inserito nel repertorio e pertanto ignoto nei suoi risultati, se dannosi o benefici. Lo shock del futuro entra in questo quadro. Deficit e sovraccarico di informazione hanno lo stesso risultato: inibizione dell'azione, e angoscia.
3. Il terzo meccanismo è l'immaginazione, che prospetta scenari e situazioni di cui non si ha esperienza e pertanto possono suscitare apprensione e angoscia. Quali i mezzi per risolvere l'angoscia? Vi è l'aggressività difensiva, o azione, spesso inefficace. Può precedere o seguire l'inibizione comportamentale. Se seguita da successo, potrà rinforzarsi pervia della gratificazione e del risultato. Altrimenti, per evitare la sottomissione alle regole, ai divieti, con il loro corteo psicosomatico, essendo impossibile la fuga e la lotta, non resta che rifugiarsi nella immaginazione, che può realizzarsi nella religione, nelle tossicomanie, nella creatività, o nella nevrosi.
Piacere e angoscia
Nell'uomo la corteccia cerebrale ha il suo massimo sviluppo nella regione orbito-frontale, centro dell'associazione degli elementi memorizzanti. E in questo centro di ordine mentale possono anche nascere, proprio associando gli elementi memorizzati, le strutture immaginarie, le idee originali, la creatività. Un neonato non può immaginare nulla e l'immaginazione è tanto più ricca quante più cose si sono memorizzate. Attenzione tuttavia agli automatismi acquisiti, che in tal caso ogni originalità si spegne.
Sia nell'uomo che nell'animale vi è un comportamento pulsionale che tende a soddisfare i bisogni biologici e questo avviene attraverso l'ipotalamo, e ad ogni soddisfazione si ha un rinforzo delle azioni biochimiche sottese a questa strategia esistenziale. Queste azioni biochimiche si chiamano sistema delle catecolamine, comprendente 3 ormoni: la dopamina, l'adrenalina e la noradrenalina.
Se l'azione non è ricompensata o è punita, il comportamento è quello della fuga o, se questo è inefficace, della lotta, dell'aggressività difensiva.
Questo comportamento mette in gioco i differenti livelli cerebrali grazie ad un sistema che, essendo situato attorno ai ventricoli cerebrali, viene chiamato paraventricolare, e che è colinergico, teso all'ordine mentale. Se fuga o lotta sono ricompensate, se sono efficaci, hanno cioè esito positivo, la memoria di questo fatto si rinforza e il cervello si comporterà allo stesso modo in circostanze analoghe.
Se l'esito di questo comportamento sarà negativo, non ricompensato, non utile, si avrà una inibizione o estinzione di quel comportamento.
Sia nell'uomo che nell'animale vi è un comportamento pulsionale che tende a soddisfare i bisogni biologici e questo avviene attraverso l'ipotalamo, e ad ogni soddisfazione si ha un rinforzo delle azioni biochimiche sottese a questa strategia esistenziale. Queste azioni biochimiche si chiamano sistema delle catecolamine, comprendente 3 ormoni: la dopamina, l'adrenalina e la noradrenalina.
Se l'azione non è ricompensata o è punita, il comportamento è quello della fuga o, se questo è inefficace, della lotta, dell'aggressività difensiva.
Questo comportamento mette in gioco i differenti livelli cerebrali grazie ad un sistema che, essendo situato attorno ai ventricoli cerebrali, viene chiamato paraventricolare, e che è colinergico, teso all'ordine mentale. Se fuga o lotta sono ricompensate, se sono efficaci, hanno cioè esito positivo, la memoria di questo fatto si rinforza e il cervello si comporterà allo stesso modo in circostanze analoghe.
Se l'esito di questo comportamento sarà negativo, non ricompensato, non utile, si avrà una inibizione o estinzione di quel comportamento.
Psiche affettivazione e attenzione autoplastica
Si scava nella psiche. Ormai ci si è accorti che più si scava e più si trova. La psiche non è come la miniera di diamanti che ha la sua fase di esaurimento. A cominciare dal modo di prestare attenzione, un modo importante nella vita, in ogni momento e in ogni istante, perché la vita è una continua attenzione conscia e inconscia.
Ebbene, si possono oggi distinguere due tipi di attenzione, quella alloplastica e quella autoplastica, e se ne può aggiungere una terza che addirittura ha un nome combinato, affettivazione, che come ognun vede è la fusione di affettiva attenzione.
L'alloplastica è l'attenzione che si prefigge una costante analisi concettuale come se ognuno di noi diventasse il filtro della ragione, per cui l'irragionevole, l'aleatorio, il banalismo, lo stereotipo, il gratuito non passa. È l'attenzione della ragione, si potrebbe dire in termine asciutto. È quella che si dovrebbe avere in funzione nei momenti cruciali della vita, quando le decisioni sono determinanti.
L'attenzione autoplastica è più larga di interessi perché è l'attenzione immaginativa, che spazia subito da ciò che si sta vedendo o ascoltando, che capta l'attenzione all'intero cosmo, all'Io, alla fantasia, alla fusione di cose lontane e viste e udite, in perfetto accordo (quel che si dice sinestesia, vedere con le orecchie e sentire con gli occhi, e toccare con la mente, amare con la speranza).
Questa attenzione autoplastica è o dovrebbe essere quella dello studente, dell'artista, del letterato o del politico, che fa un comizio o si intrattiene in un'ambita intervista. Devono saper captare il suono di tutti gli strumenti.
E si giunge così alla affettivazione, cioè alla fusione affettiva-attenzione, che è bicorde: vi è un orecchio disponibile, ma è un filtro che arena le cose scontate, i toni usuali, le consuetudini ritmate dei mass media e tuttavia l'affetto schiude l'opimo eden dei sentimenti.
In conclusione, si potrebbe d'ora innanzi qualificare l'attenzione, avere un giudizio più esatto dei comportamenti e dei rapporti umani.
Si può distinguere l'attenzione alloplastica o della ragione, che lascia freddi e compassati e stretti alle cose, l'attenzione autoplastica che integra l'Io nei fatti, ne estrae nozioni anche creative ed originali, e l'affettivazione che è la più vicina ai sentimenti d'amore.
Ebbene, si possono oggi distinguere due tipi di attenzione, quella alloplastica e quella autoplastica, e se ne può aggiungere una terza che addirittura ha un nome combinato, affettivazione, che come ognun vede è la fusione di affettiva attenzione.
L'alloplastica è l'attenzione che si prefigge una costante analisi concettuale come se ognuno di noi diventasse il filtro della ragione, per cui l'irragionevole, l'aleatorio, il banalismo, lo stereotipo, il gratuito non passa. È l'attenzione della ragione, si potrebbe dire in termine asciutto. È quella che si dovrebbe avere in funzione nei momenti cruciali della vita, quando le decisioni sono determinanti.
L'attenzione autoplastica è più larga di interessi perché è l'attenzione immaginativa, che spazia subito da ciò che si sta vedendo o ascoltando, che capta l'attenzione all'intero cosmo, all'Io, alla fantasia, alla fusione di cose lontane e viste e udite, in perfetto accordo (quel che si dice sinestesia, vedere con le orecchie e sentire con gli occhi, e toccare con la mente, amare con la speranza).
Questa attenzione autoplastica è o dovrebbe essere quella dello studente, dell'artista, del letterato o del politico, che fa un comizio o si intrattiene in un'ambita intervista. Devono saper captare il suono di tutti gli strumenti.
E si giunge così alla affettivazione, cioè alla fusione affettiva-attenzione, che è bicorde: vi è un orecchio disponibile, ma è un filtro che arena le cose scontate, i toni usuali, le consuetudini ritmate dei mass media e tuttavia l'affetto schiude l'opimo eden dei sentimenti.
In conclusione, si potrebbe d'ora innanzi qualificare l'attenzione, avere un giudizio più esatto dei comportamenti e dei rapporti umani.
Si può distinguere l'attenzione alloplastica o della ragione, che lascia freddi e compassati e stretti alle cose, l'attenzione autoplastica che integra l'Io nei fatti, ne estrae nozioni anche creative ed originali, e l'affettivazione che è la più vicina ai sentimenti d'amore.
Situazione di stress
Quando la pressione dell'ambiente provoca una modificazione drastica del «modo di agire» dell'individuo, parliamo di situazione di stress. Di fronte al pericolo, sotto un bombardamento aereo, un individuo può cadere in uno stato di apatia, di eccitazione e presentare alterazioni varie del comportamento.
Sotto stress subentrano cioè alterazioni varie del comportamento, che possono giungere sino a rigidità, ripetizioni di atteggiamenti ed altre anormalità di condotta. La situazione di stress, soprattutto quando perdura a lungo, può avere importanti conseguenze. L'individuo molto spesso non sa resistere a lungo di fronte ad una situazione emozionale sconvolgente.
Può reagire con comportamenti patologici che col tempo tendono a persistere, o può manifestare i segni di una malattia psichica preesistente, ma latente, che lo stress ha fatto precipitare.
Ogni uomo è più o meno abile ad uscire da una
Sotto stress subentrano cioè alterazioni varie del comportamento, che possono giungere sino a rigidità, ripetizioni di atteggiamenti ed altre anormalità di condotta. La situazione di stress, soprattutto quando perdura a lungo, può avere importanti conseguenze. L'individuo molto spesso non sa resistere a lungo di fronte ad una situazione emozionale sconvolgente.
Può reagire con comportamenti patologici che col tempo tendono a persistere, o può manifestare i segni di una malattia psichica preesistente, ma latente, che lo stress ha fatto precipitare.
Ogni uomo è più o meno abile ad uscire da una
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