domenica 15 giugno 2008

Aberrazione cromatica

ABERRAZIONE CROMATICA, nell'occhio, come in tutti gli altri mezzi trasparenti, la velocità di propagazione della luce non è strettamente identica per ciascun colore dello spettro visivo. Per principio non esiste perciò un punto solo in cui si focalizzano le onde luminose, ma un punto per ogni colore: in particolare esiste un punto focale per il rosso, un po' più indietro della retina, e un punto focale per il verde, un po' più avanti. L'occhio normale vedrà dunque più o meno nello stesso modo tanto nel rosso che nel verde. L'occhio miope, invece, essendo tutto il sistema ottico spostato in avanti, vedrà meglio nel rosso, mentre l'occhio ipermetrope vedrà meglio, al contrario, nel verde. È intuitivo perciò che questa alterazione cromatica dell'occhio miope o ipermetrope non è in nessun modo curabile e non esiste prevenzione.

Abburattamento difficoltà ad articolare la parola

ABBURATTAMENTO, difficoltà ad articolare la parola, sia per cause psicologiche che di patologia organica. I movimenti dell'apparato fonatorio, soprattutto della lingua, sono impacciati, vischiosi, lenti e la parola esce pasticciata, appiccicosa, come se chi la pronuncia avesse in bocca del burro.

Abbassamento di voce

ABBASSAMENTO DI VOCE, termine improprio in medicina; più propriamente: disfonia. È un sintomo frequente delle malattie di cuore che portano all'ingrossamento del cuore stesso, e che compare quando le malattie tendono allo scompenso totale di cuore. Sintomo di aggravamento di ogni cardiopatia.

come si previene. Impedendo che il cuore cada in scompenso, cioè nella totale insufficienza di forza contrattile, con conseguente rallentamento di tutta la circolazione. Per tale scopo si ricorre ad adeguati farmaci cardiotonici, diuretici attivatori del circolo.

Terapia della vergogna

La vergogna è stata definita un 'meccanismo di inibizione'. In altre parole, è il risultato di un conflitto tra ciò che l'individuo vorrebbe apparire di essere o di fare e ciò che invece la società, l'ambiente gli impongono di essere o fare. Ci si vergogna quando ci si comporta in modo anomalo rispetto a quello considerato giusto: e infatti c'è la vergogna per una gaffe, c'è la vergogna di essere malati, c'è la vergogna di essere stati sorpresi ad assaggiare un cibo con le dita. In ultima analisi, quindi, il vergognoso è un ribelle mancato: che sente e persino mette in pratica atteggiamenti anticonformisti, senza però avere il coraggio di portarli avanti e sostenerli nel tempo. Non stupisce allora che la terapia fondamentale della vergogna consista in un decondizionamento nei confronti di quel riflesso che la provoca.

È quanto viene attuato in una clinica tedesca, i cui pazienti sono costretti, ad esempio, ad andare in giro per la città indossando scarpe disappaiate o vestiti sgargianti in modo da richiamare su di sé l'attenzione: dopo alcune uscite di questo genere il soggetto si abitua alle situazioni ridicole e, pertanto, non se ne vergogna più. Di qui a rimuovere anche le cause della vergogna endogena il passo sembrerebbe breve: potrebbe essere facilitato proprio ricercando le situazioni di cui si ha paura, per sdrammatizzarle.

Lavoro e tempo libero

Se il lavoro diviene, come dicevamo, espressione e realizzazione di sé, il tempo libero ha il significato di ritmare il vivere umano allo stesso modo del cuore e del respiro. È un tempo che rilassa, distende, riposa, ricrea, rinnova energie non soltanto per poi poter meglio lavorare, ma soprattutto per poter meglio realizzarsi.
In questo modo si sviluppa — attraverso l'alternarsi di occupazioni — l'unità del microcosmo: di questo essere unico, sempre uguale a se stesso, ma sempre in movimento per crescere e migliorare il proprio stato di benessere.

Ritorniamo così al modello fondamentale dal quale siamo partiti: l'uomo visto come microcosmo, cioè come completezza che si rinnova costantemente. Nella situazione di passività il tempo libero non ha senso: libero da che cosa se uno non lavora? Succede allora che il tempo libero possa diventare pienissimo; ma poiché il passivo è comunque passivo, questo tempo sarebbe pienissimo di cose senza valore o addirittura dannose. Inutile esemplificarle, perché tutti le conosciamo.

Nel caso dell'iperattività, di solito la libertà viene usata per compensare, per finire ciò che è rimasto sospeso, per preparare nuovi strumenti di lavoro, per elaborare in pace nuovi metodi di superattività. Non c'è vacanza per l'iperattivo: il pensiero ritorna agli impegni, alle telefonate, agli appuntamenti, alle scadenze, alle cose da fare e rifare a tutti i costi.

Tra queste due opposte posizioni esistono mille modalità che possono venir utilizzate per compensare la stanchezza del momento lavorativo. Tutto dipende dal proprio atteggiamento verso il lavoro: il lavoro è noia e monotonia? Il tempo libero sarà ricco di innumerevoli passatempi; tanto più di routine il lavoro tanto più varia e, se possibile, eccezionale la vacanza; il rischio è di buttarsi nel rumore, il baccano, la folla e di arrivare al lunedì o al ritorno dalle ferie più stanchi di prima.

Il lavoro è obbligo, costrizione, dovere, impegno? Il tempo libero sarà intonato al disimpegno, al dolce far niente, col rischio di svuotarsi, annullarsi e persino di uscirne un po' rimbambiti. Il lavoro sinonimo di corsa, appuntamenti pressanti, stress, orari precisi? Ecco un tempo libero senza orologi, all'insegna della massima libertà: nussun programma e nessun impegno. Tutti trasandati, in vestaglia fino al giorno dopo. Una vacanza fatta di niente, può essere anche costruttiva e risanatrice, purché non porti la noia.

Chi sono i collaboratori?

Si fa presto a riconoscerli nei subalterni o nei subordinati, almeno quando essi sono capaci di collaborare. Ma collaboratori possono essere anche i superiori, i colleghi, gli amici, i clienti, i fornitori, il pubblico, i rappresentanti, I negozianti, i giornalisti, lo spazzino comunale, Il tranviere, lo sconosciuto incontrato per caso. L'importante è essere in grado di ricevere collaborazione.