lunedì 28 aprile 2008

Lifting eliminare le rughe del viso chirurgia estetica

Le rughe e la pelle flaccida già preoccupavano il Cardinale Richelieu che tentava di mitigare i segni della vecchiaia trazionando e legando forzatamente i capelli sulla nuca. Oggi, per i progressi conseguiti dalla chirurgia estetica, sempre più frequentemente si ricorre alla ritidoplastica (detta anche melo-plastica, o face-lifting, o stiramento della pelle del viso), intervento che trova giustificazione nell'importanza che anche nel mondo del lavoro si annette ad una gradevole presenza.

Non esiste età definita per questo intervento, in quanto è da considerarsi maggiormente lo stato della cute del viso, piuttosto che l'età a sé stante; il face-lifting deve essere effettuato preferenzialmente in quell'epoca della vita nella quale iniziano a comparire le rughe e la flaccidità della cute, mentre la pelle conserva ancora integra la sua elasticità.

A questo intervento possono ricorrere uomini e donne; tuttavia, il risultato migliore si ottiene in queste ultime che meglio si prestano a nascondere le piccole cicatrici davanti l'orecchio con pettinature adatte. Il face-lifting si effettua praticando bilateralmente una incisione della cute entro i capelli della regione temporale.

L'operazione del lifting. Il chirurgo pratica da entrambi i lati del viso un'incisione che parte dalla zona temporale, in mezzo ai capelli, scende fino al lobo dell'orecchio, per terminare nella zona mastoidea. A questo punto (disegno in mezzo) si procede allo scollamento della pelle. Subito dopo il chirurgo si preoccupa di fermare (emorragia.

Il lembo della pelle viene ora tirato verso la fronte e l'orecchio (disegno in basso) e l'eccesso viene eliminato. I punti vengono dati in una zona coperta dai capelli. Con questa operazione vengono cancellate le rughe del viso.

Orecchie a sventola chirurgia plastica

Anche le malformazioni dell' orecchio sono di frequente riscontro. Colpiscono soprattutto il padiglione auricolare esterno che può apparire malconformato o addirittura essere mancante. Nel primo gruppo si annovera quella malformazione tipica delle orecchie ad ansa dette anche a sventola,), cosi spesso fonte di inibizioni e complessi nei bambini che si accingono ad andare a scuola.

La correzione di questa deformità è tra le più brillanti della chirurgia plastica e permette in pochi giorni un risultato perfetto senza che appaiano segni o tracce evidenti, in quanto la piccola incisione necessaria viene condotta sul retro dell'orecchio.

Ipospadia

L'ipospadia è una malformazione congenita che colpisce in media un bambino ogni 1000 nati di sesso maschile; è un'anomalia dell'uretra caratterizzata da uno sbocco anomalo dell'uretra medesima e da un incurvamento con convessità dorsale del pene. A seconda di dove si trova il meato uretrale varia la gravità della malattia.

Il pene ipospadico è quasi sempre incurvato in avanti, incurvamento tanto più marcato quanto più lo sbocco uretrale è situato in basso. Esistono un'infinità di tecniche e di procedimenti per riparare questa anomalia; un trattamento corretto mira a permettere l'espletamento della funzione sessuale e non di quella urinaria che può compiersi senza disturbi anche dal meato ipospadico. Per prima cosa bisogna correggere l'incurvamento del pene asportando la corda fibrosa che provoca la deformazione e solo in un secondo tempo si ricostruisce l'uretra mancante con una uretroplastica.

La cura dell'ipospadia non è semplice e le numerose tecniche in uso confermano le difficoltà che si incontrano per rendere possibile un coito normale con eiaculazione dello sperma vicino al collo uterino.

Angiomi

Gli angiomi, di assai frequente riscontro soprattutto nella prima infanzia, hanno stretta attinenza con la chirurgia plastica in quanto il chirurgo plastico procede alla loro asportazione ed alla ricostruzione della zona interessata. Per angioma si intende un processo malformativo, di solito congenito, non ereditario, che interessa soprattutto il tessuto mesenchimale vasoformatore, ad evoluzione diversa con potenzialità progressive e regressive spontanee.
Questa definizione spiega che si tratta di un disturbo che colpisce i piccoli vasi sanguigni i quali si ritrovano in gran numero e dilatati nella zona colpita; il carattere più appariscente è quello del vivace rossore.

Gli angiomi sono distinti in due gruppi fondamentali: i cosiddetti nevi teleangiectasici e gli angiomi veri. I primi, detti anche nei vascolari o voglie di vino, sono caratterizzati non solo dall'aumento di numero dei vasi sanguigni, ma anche di altri tessuti, annessi cutanei, derma, ossa. Solitamente si trovano in corrispondenza del viso, del collo, degli arti ed hanno la caratteristica di non oltrepassare mai i limiti topografici iniziali; solitamente rimangono piani, ma talora, verso i trenta, quarant'anni, possono accrescersi e trasformarsi in masse tuberose.

Gli angiomi veri, considerati da taluni tumori benigni, interessano invece soltanto il tessuto vascolare, sono per lo più di dimensioni limitate, si accrescono ed evolvono precocemente nello spazio di poche settimane o mesi; talvolta si arrestano nell'accrescimento andando incontro anche a fenomeni di involuzione spontanea. Il trattamento dei nei vascolari è chirurgico quando la forma è evoluta a tuberosa e prevede la loro asportazione e il riparo con tessuti di prossimità o di distanza; solo nella fase iniziale piana assai spesso è sconsigliato intervenire chirurgicamente, risultando preferibile ricorrere ad altre terapie (trattamento radioterapico).

Malformazioni Congenite

Numerose ricerche anche recenti hanno contribuito a meglio conoscere il vasto capitolo delle malformazioni congenite, soprattutto per quanto riguarda la eziopatogenesi. D'altro canto, i recenti progressi della chirurgia plastica hanno permesso di correggere molti errori della natura in modo da inserire nella società individui che prima ne erano dolorosamente esclusi.

Per quanto un'esatta valutazione dell'effettiva frequenza delle malformazioni congenite sia difficilmente attuabile, sembra che il numero dei nati con anomalie di questo tipo sia del 2-3 per cento e forse più, come affermano recenti statistiche di autori americani e giapponesi.

Cheloidi

Quando un organismo subisce un trauma che comporta una ferita con o senza perdita di sostanza si instaurano complessi fenomeni che conducono alla riparazione completa della lesione con il formarsi della cicatrice. Le tappe attraverso le quali si giunge alla cicatrice sono simili a quelle delle infiammazioni: da principio si ha un aumento di apporto sanguigno con neoformazioni vascolari che favoriscono l'ossigenazione dei tessuti e l'asportazione delle parti necrotiche estranee con gli elementi della serie bianca e i macrofagi.

Segue a questa prima fase la vera riparazione con la costituzione di un nuovo tessuto, detto di granulazione, che è molto ricco di cellule e vasi sanguigni; con il passare del tempo alle cellule si sostituisce il tessuto connettivale ricco di fibre collagene, ma non elastiche, che alla fine caratterizza il tessuto cicatriziale. Quando la cicatrice è giovane si presenta rossa o rosa perché sono ancora presenti vasi sanguigni, che man mano scompaiono determinando la cicatrice stabilizzata bianca, più o meno retraente.

Il buon esito cicatriziale dipende da molti fattori: dalle condizioni generali del paziente, dalla lesione da riparare e anche dalla corretta terapia instaurata dal chirurgo.
In alcuni individui particolarmente reattivi, il processo di riparazione cicatriziale può essere molto violento e condurre alla formazione di cicatrici ipertrofiche o cheloidi. Questi si manifestano come tumefazioni cordoniformi, a volte con ramificazioni a forma di granchio (da cui il nome), ricoperte da un sottile strato epidermico liscio. E nota la straordinaria frequenza di insorgenza dei cheloidi sulle lesioni da ustione o causticazione; essi possono porre seri problemi estetico-funzionali di non facile soluzione.

Tuttavia prima di dire che una cicatrice si è trasformata in un cheloide bisogna lasciar trascorrere almeno sei mesi. Il loro trattamento è spesso combinato e si avvale dell'opera del chirurgo plastico, che li asporta o risutura nel modo più congruo, e del dermatologo che con opportuni trattamenti antireattivi fa in modo che non si riformino.