martedì 11 gennaio 2011
ASSIDERAMENTO [dal lat. med. assiderare, der. di sidus, astri, costellazione].
ASSUEFAZIONE
ASTIGMATISMO [dal gr. a priv., e stigma, punto]
ATREPSIA - Malattia dei neonati
ATRESIA - Mancanza della normale apertura (canale o orifizio) di alcune formazioni anatomiche
ATROPINA Alcaloide di sapore amaro
ATTINOTERAPIA [dal gr. aktís, raggio, e terapia].
ANGIOCOLITE Infiammazione acuta o cronica delle vie biliari
ANGIOMA Tumore di vasi sanguigni
RIMEDI ANTAGONISTICI. - Sostanze farmacologicamente attive
AMENZA - Stato confusionale-allucinatorio acuto
ASSIMILAZIONE [der. dal lat. assimilare, render simile].
Allergologia - trattamento delle allergie
Angiologia - patologie che colpiscono i vasi sanguigni e quelli linfatici
Cardiologia - studio e diagnosi delle malattie cardiovascolari acquisite
venerdì 7 gennaio 2011
Muscolo orbicolare della bocca muscolo ellittico
Parte Esterna
Accoglie fasci che provengono da molti muscoli mimici soprattutto dal canino, buccinatore, triangolare, incisivi e zigomatico. È costituito da due semicerchi con il centro sulla commessura e l'apice a livello della linea mediana delle labbra; superiormente manda fasci fino ad attaccarsi al contorno posteriore della cartillagine del setto nasale memranoso e questi fasci prendono il nome di muscolo depressore del setto.
Parte Interna
È un unico anello che circonda la rima labiale.
Contraendosi il muscolo orbicolare della bocca regola l'apertura della rima labiale.
muscoli incisivi:uno superiore ed uno inferiore
Vi sono due muscoli incisivi:uno superiore ed uno inferiore.
- Superiore
si attacca al giogo alveolare dell'incisivo laterale superiore (o II incisivo superiore) in corrispondenza della fossa incisiva del mascellare; si porta in basso e lateralmente fino alla commessura labbiale. Contraendosi porta in alto e medialmente la commessura labbiale
- Inferiore
origina dal giogo alveolare dell'incisivo laterale inferiore e si porta in alto e lateralmente per inserirsi alla cute della commessura labbiale. Con la sua aziuone porta in basso e medialmente la commessura labbiale.
Muscolo Buccinatore
muscolo orbicolare dell'occhio
Parte orbitaria
È un anello ellittico che si dispone attorno all'occhio. Si diparte dal legamento parpebrale verso l'alto per farvi ritorno dal basso dopo aver fatto un giro attorno all'occhio, inoltre si attacca anche al sacco lacrimale. In corrispondenza dell'angolo laterale della palpebra invia alcuni fasci muscolari che entrano a far parte del muscolo zigomatico.
Parte palpebrale
È contenuta nello spessore delle palpebre. Dal legamento palpebrale mediale si dipartono fasci sia in alto che in basso che terminano nel rafe palpebrale laterale, costituendo la parte superiore ed inferiore della porzione palpebrale dell'Orbicolare dell'occhio.
Parte lacrimale
È la più profonda delle tre. Si diparte dal contorno posteriore della fossa del Sacco lacrimale: la cresta lacrimale superiore. Da qui continua in avanti ed in fuori per inserirsi nella cute della commessura palpebrale mediale.
Con la sua azione il muscolo Orbicolare dell'occhio chiude le palpebre, convoglia le lacrime verso l'angolo interno dell'occhio e, agendo sul sacco lacrimale, ne facilita il riflusso.
muscoli della testa muscoli del cranio epicranica, orbitaria, buccale, nasale ed auricolare
Questa regione ha come limiti:
Anteriore, una linea orizzontale che passa per la glabella e decorre sul contorno superiore dell' arcata Sopracciliare.
Laterali, una linea che decorre dal margine laterale dell'arcata sopracciliare sopra la linea temporale superiore e termina sul processo mastoideo dell'osso temporale.
Posteriore, il limite posteriore corrisponde alla linea nucale superiore.
tessuto muscolare cardiaco elementi cellulari detti cardiomiociti
Nei cardiomiociti la contrazione non è volontaria ma spontanea, cosicché la funzione del sistema nervoso autonomo che innerva il cuore è esclusivamente legata alla modulazione della frequenza della contrazione che è trasmessa da una particolare formazione detta nodo seno-atriale ed è trasmessa all'intero miocardio dal sistema di conduzione del cuore.
Nei cardiomiociti il reticolo sarcoplasmatico assume una struttura leggermente diversa rispetto a quella presente nel tessuto muscolare striato scheletrico; mancano, infatti, le cisterne terminale e fenestrata centrale ma sono presenti tubuli longitudinali che tramite delle estroflessioni si affrontano ai tubuli T (che in questo caso sono posti nella regione della linea z) formando le diadi del reticolo.
Tessuto muscolare liscio o involontario
contrazione lenta e prolungata
contrazione indipendentemente dalla volontà e mediata dal sistema nervoso autonomo o da ormoni
contrazione che avviene per tutto il muscolo contemporaneamente: questa è la caratteristica più importante del muscolo liscio. Il muscolo si comporta proprio come se si trattasse di un'unica fibra, anche se nella realtà ci sono più fibre che si susseguono l'una all'altra. In questo caso si dice che questo tipo di tessuto si comporta come un sincizio funzionale.
Fibrocellule lisce isolate
È costituito da fibrocellule muscolari lisce, ricchissime nel loro citoplasma di miofibrille, che sono le unità elementari per la contrazione muscolare. Tali miofibrille, a differenza di quanto avviene nel tessuto muscolare striato non sono in registro, al contrario sono disposte in tutte le direzioni, da ciò si comprende la mancanza della striatura trasversale che caratterizza il tessuto.
La fibrocellula liscia ha forma allungata, fusata, con la parte centrale, contenente il nucleo, più larga rispetto alle estremità che appaiono rastremate. Le fibrocellule si organizzano in fasci e si dispongono sfasate con la zona perinucleare che si dispone a contatto con le sottili estremità delle cellule attigue. Manca in questo tipo cellulare un vero e proprio reticolo sarcoplasmatico ma è presente il reticolo endoplasmatico. I tubuli T sono assenti ma si notano introflessioni di membrana denominate caveolae. Inoltre al microscopio elettronico si individuano delle zone dense dette corpi densi che hanno funzioni analoghe a quelle della linea z del tessuto muscolare striato. Poiché non tutte le fibrocellule lisce sono innervate tra esse si rilevano giunzioni gap o serrate (complessi giunzionali che tramite canali ionici mettono in comunicazione il citoplasma di due cellule) necessarie alla conduzione dell' impulso contrattile da una cellula all'altra. Questo tipo di tessuto è presente, come accennato, nei vasi sanguigni, nello stomaco, nell'intestino, nella vescica, nell'utero ed in altri organi interni.
tipi di fibre muscolari: lente e veloci (o rapide)
Dal punto di vista funzionale possiamo dire che esistono 2 tipi di fibre muscolari: lente e veloci (o rapide). Le prime sono anche dette fibre rosse perché i muscoli in cui prevalgono si presentano di colore rosso scuro, a causa dell'abbondanza in questo tipo di fibre di mioglobina e dell'elevato livello di capillarizzazione. Si presentano inoltre ricche di mitocondri, sia subsarcolemmali che intermiofibrillari.Hanno la caratteristica di avere una maggior quantità di alfa actinina e delle altre proteine a costituire linee Z ed un'"impalcatura" sarcomerica più abbondante. Le fibre veloci sono invece dette bianche perché i muscoli in cui prevalgono si presentano più chiari rispetto a quelli prevalentemente "rossi". Presentano quindi scarsa mioglobina e capillarizzazione, oltre ad minor numero di mitocondri, mentre presentano abbondanti granuli di glicogene. Le fibre bianche hanno inoltre maggior diametro e dimensioni maggiori delle rosse, come anche le loro giunzioni neuromuscolari. Dal punto di vista enzimatico possiamo distinguere, in base all'attività ATPasica:
- fibre di tipo 1 : corrispondono alle fibre rosse, sono caratterizzate da bassa attività ATPasica. Si contraggono lentamente e poco intensamente e tollerano maggiormente la fatica (sono dunque in grado di mantenere la contrazione per un periodo piuttosto lungo). Presentano grandi quantità di enzimi mitocondriali e producono ATP prevalentemente tramite la glicolisi aerobica e la fosforilazione ossidativa ad essa associata.
- fibre di tipo 2: corrispondono in generale alle fibre bianche, sono caratterizzate da elevata attività ATPasica. Si contraggono rapidamente ed intensamente ma tollerano poco la fatica. Presentano grandi quantità di enzimi glicolitici e producono prevalentemente ATP tramite la glicolisi anaerobica.
Le fibre di tipo 2 si suddividono a loro volta in:
- tipo A: sono fibre che possiamo definire "intermedie" presentando caratteristiche strutturali e metaboliche intermedie tra le 2B e le 1.
- tipo B:sono quelle a più elevata attività glicolitica.
- tipo X: sembrano essere ancora indifferenziate, dando poi origine alle 2A o 2B
tessuto muscolare striato o scheletrico
La fibra muscolare scheletrica ha forma vagamente cilindrica, in essa si rilevano numerosi nuclei (anche centinaia) posti a ridosso del sarcolemma (si denomina così la membrana cellulare delle cellule muscolari) e, soprattutto, caratteristica della fibrocellula scheletrica è la striatura trasversale che appare ben evidente al microscopio ottico.
Prima di affrontarci (la striatura trasversale appunto) è bene comprendere la natura delle fibrille che riempiono il citoplasma della fibrocellula: nelle fibrocellule le miofibrille sono composte dall'associazione di due tipi di filamenti detti filamenti spessi e filamenti sottili.
I filamenti spessi sono composti prevalentemente dalla proteina miosina, questa proteina presenta una testa globosa ed una coda filamentosa. Molte proteine di miosina si associano a formare un filamento spesso disponendosi con le code che guardano verso il centro e le teste poste all'estremità e sporgenti verso l'esterno a formare dei ponti trasversali. I ponti trasversali si ripetono periodicamente e flettendosi prendono parte attiva nella contrazione muscolare provocando lo scorrimento reciproco dei filamenti (sottili e spessi).
I filamenti sottili sono prevalentemente composti dalla proteina actina, l'actina ha struttura globulare ma polimerizza formando strutture filamentose che associate ad altre proteine costituiscono i filamenti sottili.
tessuto osseo - tessuto connettivo - sostegno organismo
il tessuto osseo non lamellare, è presente nei volatili, mentre nei mammiferi rappresenta la versione immatura del tessuto osseo, ed è presente solo durante lo sviluppo dell'organismo, per essere poi rimpiazzato dal tessuto lamellare durante la crescita. In questo tipo di tessuto la matrice calcificata non è organizzata in strutture definite, ma si presenta disordinata ed irregolare
il tessuto osseo lamellare è presente invece nell'organismo adulto, ed caratterizzato dall'alto grado di organizzazione dei componenti della matrice, che sono disposte in strati, definiti appunto lamelle, altamente ordinati. Può a sua volta essere suddiviso in due tipi, a seconda del tipo di organizzazione delle lamelle: tessuto osseo spugnoso e tessuto osseo compatto.
nel tessuto osseo spugnoso, le lamelle vanno a costituire strutture ramificate definite spicole; per questo motivo, all'esame ottico appare come una massa spugnosa ricca di cavità intercomunicanti
nel tessuto osseo compatto invece, le lamelle si organizzano a formare strutture concentriche, definite osteoni, addossate le une alle altre a lasciare un'unica lacuna centrale.
tessuto adiposo - organo adiposo
Tessuto connettivo lasso
fibroso (fibre collagene tipo I),
reticolare (fibre collagene di tipo III),
elastico (fibre elastiche).
Il tessuto connettivo lasso reticolare è particolarmente diffuso negli organi emopoietici e linfoidi, nella muscolatura lisce e in alcune ghiandole; tra le sue fibre sono presenti numerosi macrofagi e fibroblasti. Uno speciale tipo di tessuto connettivo lasso è il tessuto mucoso, diffuso nell'embrione e in particolare costituente della gelatina di Wharton, ovvero la sostanza amorfa del cordone ombelicale. Tale tessuto si definisce mucoso a causa della sua consistenza, dovuta all'abbondante quantità di acido ialuronico. Possiede poche fibre collagene o reticolari, scarsi macrofagi ma numerosi fibroblasti stellati. Se colorato, presenta intensa basofilia. Il tessuto connettivo lasso forma la tonaca propria e la tonaca sottomucosa delle mucose, avvolge molti organi e si inoltra in essi con setti che ne suddividono il parenchima in lobi e lobuli, costituisce inoltre lo stroma, la tonaca intima e la tonaca avventizia delle arterie, la tonaca media e avventizia delle vene assieme al tessuto muscolare liscio. Connette gli organi e ne riempie gli spazi liberi, circonda muscoli (epimisio, perimisio) e nervi (endonevrio, perinevrio).
Tessuto connettivo denso
Tessuto connettivo denso irregolare: è un connettivo caratterizzato da numerose fibre collagene che si aggregano in fasci molto densi fra loro, talvolta accompagnati da reti di tessuto elastico. Le cellule sono poche, vi sono perlopiù fibroblasti e rari macrofagi, scarsa la sostanza amorfa. Si riscontra nel derma, nella capsula fibrosa di organi quali milza, fegato, testicolo, linfonodi, forma la guaina dei tendini e dei nervi più importanti e il periostio.
Tessuto connettivo denso regolare: è un connettivo caratterizzato da fibre collagene fittamente stipate ed orientate tutte nella stessa direzione, concorde a quella della trazione che il tessuto deve sopportare. Scarsa la sostanza amorfa, pochissime le cellule, che sono quasi esclusivamente fibroblasti disposti nei sottili interstizi delle fibre collagene. Come nel denso irregolare, alle fibre collagene possono essere associate reti di tessuto elastico. Forma tendini, legamenti, aponeurosi, stroma corneale. Nei tendini e nei legamenti le fibre raggiungono la disposizione più ordinata e sono orientate tutte nella stessa direzione con i fasci legati da tessuto connettivo lasso, nelle aponeurosi le fibre sono disposte in strati ordinati in più direzioni, nello stroma corneale invece questi strati sono orientati perpendicolarmente l'uno all'altro.
Tessuto connettivo denso elastico: è un connettivo caratterizzato dalla prevalenza delle fibre elastiche sulle fibre collagene, vi sono fibroblasti interposti tra i fasci di fibre elastiche, a loro volta avvolti da fibre reticolari. Forma i legamenti gialli delle vertebre, le corde vocali, le lamine fenestrate delle arterie maggiori.
glicoproteine - fibronectina e fibre collagene
A causa della scarsa densità delle macromolecole che la costituiscono, è la sostanza amorfa trasparente ed invisibile al microscopio a fresco. È leggermente PAS-positiva per il suo contenuto in glicoproteine (è intensamente PAS-positiva nella cartilagine, nelle membrane basali e nell'osso dove la concentrazione di glicoproteine è maggiore), può però essere colorata con il metodo Alcian blu e con i coloranti basici come l'anilina, che danno luogo a fenomeni di metacromasia. La metacromasia è dovuta alla presenza dei glicosaminoglicani acidi della matrice, ed è tanto più elevata quanto più questi sono solforati (condrotin-solfato, chetaran-solfato, eparan-solfato). La sostanza amorfa contiene elevate quantità d'acqua, che però difficilmente si presentano come liquido interstiziale o tissutale libero, ma sono legate alle molecole della matrice, determinandone l'idratazione. L'acqua legata alla matrice, in cui sono disciolti gas ed altre sostanze, diffonde a partire dai capillari sanguigni e funziona come mezzo di dispersione e scambio tra la circolazione sanguigna e il tessuto connettivo permettendone il nutrimento. Si dice quindi che la sostanza amorfa sia l'elemento con funzione trofica del tessuto connettivo. È possibile riscontrare nella matrice amorfa grandi quantità di liquido interstiziale libero in caso di infiammazione. Oltre alla sua funzione trofica, la disposizione delle molecole della matrice influenza l'orientamento delle fibre in essa contenute, e con la sua complessa trama ostacola la diffusione di microrganismi ed agenti patogeni.
proteoglicani costituiti da glucosaminoglicani
glicosaminoglicani matrice amorfa
fibre elastiche - fibre collagene - tessuto connettivo denso elastico
fibre reticolari - catene di collagene
adipociti cellule del tessuto connettivo
gli adipociti uniloculari presentano un unico grande vacuolo, contenente i lipidi, che riempie la quasi totalità della cellula. Il nucleo ed il citoplasma cellulare risultano perciò decentrati e schiacciati lungo i bordi della membrana plasmatica. Essi formano il tessuto adiposo bianco.
gli adipociti multiloculari non possiedono invece il vacuolo centrale, ma presentano i lipidi raccolti in numerose piccole gocce disperse nel citoplasma. In queste cellule il nucleo si presenta in posizione centrale. Formano il tessuto adiposo bruno.
linfociti cellule del sistema immunitario
I linfociti B sono in grado di riconoscere l'antigene presentato dai macrofagi, ed in risposta maturano in plasmacellule, producendo anticorpi che intervengono ad eliminare i corpi estranei.
I linfociti T, oltre a cooperare con i linfociti B e con le proteine del complesso maggiore di istocompatibilità per permettere il riconoscimento degli antigeni, sono anche deputati alla risposta self, ovvero all'eliminazione di cellule appartenenti all'organismo stesso, alterate dall'infezione di un virus o cancerogene.
fibroblasti - cellule tessuto connettivo
Corrispondenti per funzione dei fibroblasti negli altri tipi di tessuto connettivo sono:
i condroblasti producono la matrice del tessuto cartilagineo.
gli osteoblasti producono la matrice del tessuto osseo, caratterizzata dal fatto di essere calcificata.
i cementoblasti e gli odontoblasti producono la matrice nei denti.
tessuto connettivo
Tessuto adiposo bruno - cellule adipose multiloculari
Il tessuto adiposo bruno ha esclusivamente la funzione di produrre calore perché i mitocondri delle cellule adipose multiloculari hanno meno ATP sintetasi, l'enzima che catalizza la sintesi dell'ATP, a partire dall'ADP, da fosforo inorganico e dall'energia derivante dalla respirazione cellulare. Posseggono invece una proteina canale (la termogenina) la quale dissipa il gradiente elettrochimico degli ioni idrogeno che il ciclo di krebs normalmente produce a cavallo tra la membrana interna e lo spazio intermembrana. Questa peculiarità fa sì che l'energia prodotta dalla scissione dei trigliceridi non venga utilizzata per la produzione di ATP e venga trasformata in calore.
Il grasso bruno è ben rappresentato nei neonati di molte specie (nella specie umana soprattutto a livello della nuca, del collo e delle scapole). Negli adulti è abbondante invece quasi esclusivamente nelle specie che vanno in letargo, mentre negli adulti di altre specie, compresa quella umana, esso è scarsamente presente (l'esistenza di due diverse tipologie di lipoma, cioè di neoplasie del tessuto adiposo, mostra però la permanenza di due diverse tipologie di tessuto adiposo anche nell'individuo adulto).
funzioni del tessuto adiposo
Funzione meccanica: occupa interstizi, riveste i nervi, i vasi ed i muscoli foderandoli. Riempie alcuni interstizi del midollo osseo. Funge da "cuscinetto" protettivo in parti del corpo diverse in base all'età e al sesso
Funzione termoisolante: il grasso non conduce il calore, per cui non disperde il calore generato dall’organismo.
Funzione di riserva: la membrana citoplasmatica dell’adipocita contiene la lipoproteinlipasi, un enzima che scalza i lipidi dalle loro proteine vettrici (lipoproteine epatiche o chilomicroni enterici) e scinde questi ultimi in glicerina ed acidi grassi; questi ultimi passano la membrana ed entrano nel citoplasma, dove sono riconvertiti in lipidi. La conversione in lipidi può essere anche fatta da glucosio. Inoltre, gli adipociti possiedono anche la lipasi ormone-dipendente, che agisce tagliando i trigliceridi in glicerina ed acidi grassi, su stimolo del glucagone, dell’adrenalina, della tiroxina, della triiodotironina e del neurotrasmettitore noradrenalina. Questo fa sì che i prodotti della lisi fuoriescano dalla cellula e s’attacchino all’albumina ematica per essere portati dove ce n’è bisogno
cartilagine elastica
cartilagine fibrosa
Cartilagine ialina Cartilagine fibrosa Cartilagine elastica
Cartilagine ialina
Cartilagine fibrosa
Cartilagine elastica
Tipi di ossa - morfologia ossa
ossa lunghe, (forma magra e lunga), composte da un corpo o diafisi e due estremità dette epifisi. Nell'infanzia e nell'adolescenza è possibile distinguere, tra epifisi e diafisi, le metafisi o cartilagini di accrescimento. All’interno della diafisi, vi è una cavità detta cavità diafisaria occupata interamente da midollo osseo giallo, per lo più adiposo, che non concorre all'emopoiesi. Le pareti della cavità sono costituite da tessuto osseo compatto. Le epifisi sono costituite da tessuto osseo spugnoso, reso più resistente da trabecole ossee. All'interno delle epifisi si trova il midollo osseo rosso, responsabile dell'emopoiesi.
ossa corte, forma più o meno cuboide, costituite da tessuto osseo spugnoso circondato da uno strato sottile di tessuto osseo compatto; non contengono perciò midollo osseo
ossa irregolari, costituiscono raggruppamenti di ossa (vertebre, ossa facciali) con forme e dimensioni variabili; più nota è la rotula che appartiene alle ossa irregolari sesamoidi le quali si distinguono poiché sono isolate.
ossa piatte, costituite da uno strato di tessuto spugnoso frapposto tra 2 lamine di tessuto compatto. Il tessuto spugnoso può presentare delle lacune più grosse contenenti residui di tessuto emopoietico (zona considerata per le punture lombari).
Il midollo osseo occupa il canale delle ossa lunghe e gli spazi intertrabecolari delle ossa piatte e delle epifisi. Nella fase embrionale funge da organo emopoietico ed è di colore rosso vivo. Nell'adulto, solo il midollo del tessuto spugnoso mantiene tali caratteristiche, mentre il midollo della cavità diafisaria assume un colore giallognolo perché sostituito da tessuto ricco di sostanze lipidiche.
Negli esseri umani, un osso normale viene distrutto e ricostruito completamente ogni due mesi circa.
Negli uccelli le ossa sono cave internamente, cioè prive di midollo, per alleggerire il più possibile lo scheletro.
Nei Condroitti e nei Ciclostomi manca il tessuto osseo.
Negli Olostei manca la cartilagine.
Trapianto di cellule staminali ematopioetiche - donazione e trapianto del midollo osseo
È possibile prelevare cellule staminali ematopoietiche da una persona e poi infonderle in un’altra persona (cellule allogeniche) o nella stessa persona in un tempo successivo (autologhe). Se donatore e ricevente sono compatibili, queste cellule infuse viaggiano poi fino al midollo osseo e iniziano la produzione di cellule ematiche. In casi di grave malattia del midollo osseo, viene fatto il trapianto da una persona all’altra (trapianto allogenico), ovviamente dopo averne accertato la compatibilità. Infatti, quando necessario, il midollo malato deve essere distrutto e sostituito mediante il cosiddetto "trapianto" con il midollo di un donatore sano compatibile. Saranno adeguate analisi effettuate dai Registri appartenenti alla rete del BMDW (Bone Marrow Donors Wordwide), collegati a Centri di Trapianto di Midollo Osseo, a provvedere alla ricerca di possibili donatori. In Italia il Registro Nazionale dei donatori volontari di midollo osseo si chiama IBMDR , riconosciuto con Legge dello Stato. Prima il midollo del paziente viene distrutto con farmaci e/o con radiazioni, poi vengono introdotte le nuove cellule staminali o il nuovo midollo prelevato al donatore. Talvolta, in casi di cancro, prima della radioterapia o della chemioterapia vengono prelevate dal paziente cellule staminali che poi, una volta terminata la terapia che uccide anche le cellule staminali, verranno reintrodotte per ripristinare il sistema immunitario. In questo caso si parla di autotrapianto.
esame del midollo osseo - esame istologico - esame citologico
Per effettuare un ’’’aspirato’’’ del midollo di solito si usa un ago cavo per prelevare un campione di midollo osseo rosso dalla cresta iliaca in anestesia locale o generale. L’aspirato viene poi strisciato su un vetrino e colorato, così da poterlo osservare al microscopio. La ’’’biopsia’’’ midollare si effettua con un piccolo trapano: con esso si preleva dalla cresta iliaca un cilindretto di tessuto midollare. I due esami sono complementari e vengono spesso effettuati contemporaneamente.
Malattie del midollo osseo - tumori maligni - tubercolosi - neuroblastoma - osteomielite
di midollo osseo: il midollo osseo rosso - midollo osseo giallo
Alla nascita, l'intera quantità di midollo osseo è costituita da quello di tipologia rossa. Con la crescita, gran parte di questo viene convertito nella tipologia gialla. In un individuo circa la metà è costituita da midollo rosso. Quest'ultimo si trova principalmente nelle ossa piatte come il bacino, lo sterno, il cranio, le coste, vertebre, scapole, e nel tessuto spugnoso delle epifisi delle ossa lunghe, come il femore e l'omero. Il midollo giallo si trova invece nella diafisi delle ossa lunghe.
Nel caso di una grave emorragia, l'organismo è in grado di riconvertire il midollo giallo in quello rosso, al fine di incrementare la produzione delle cellule del sangue.
Terapia Leucemia - trapianto del midollo osseo - prednisone
Oggi vengono impiegati farmaci migliori per quanto riguarda il profilo tossicologico ed associati in combinazioni "sinergiche". Il termine sta ad indicare che i due farmaci, quando dati assieme mostrano un'efficacia superiore rispetto alla loro somministrazione singola. Il risultato è una minore tossicità per il paziente.
Il metotrexate è rimasto il cardine del trattamento nella maggioranza delle forme, ma oggi è in sperimentazione clinica anche un derivato più efficace chiamato pemetrexed. Viene per lo più associato con l'antibiotico citotossico Adriamicina o suoi derivati, alcune nitroso-uree e gli alcaloidi anti-neoplastici vinblastina e vincristina. Di recente un chemioterapico di nuova concezione, l'Imatinib (o Glivec), ha dimostrato una notevole efficacia nei casi di leucemia mieloide cronica.
Diagnosi Lucemia - esame del sangue - prelievo di midollo osseo
Striscio di sangue periferico (esame al microscopio di campione di sangue per accertare presenza di blasti);
analisi citogenetica (studio dei cromosomi dei blasti presenti nel midollo osseo);
biologia molecolare;
prelievo di midollo osseo per prelevare frammenti di tessuto da analizzare
analisi immunofenotipica (tramite citometria a flusso delle cellule presenti in un campione di sangue o midollo osseo allo scopo di identificarle sulla base di specifici Ag di superficie).
Sintomi Leucemia Astenia, anemia, facile affaticabilità, pallore cutaneo, dispnea
Cause Lucemia
Benzene; presente nel petrolio e nella benzina, ampiamente usato in passato come solvente per vernici ed ora quasi del tutto bandito. Il meccanismo con cui questa semplice molecola provoca leucemie, è stato ampiamente studiato in modelli animali sperimentali. Esso necessita di una conversione ossidativa in derivati vari (1,4-benzochinone, 1,2,4-tri-idrossibenzene, ecc.) che poi reagiscono col DNA in modo covalente provocando interferenza con i processi di replicazione e di riparo dell'acido nucleico.
Alcuni farmaci usati per la cura di tumori, specie se in combinazione con radioterapia, possono aumentare il rischio di leucemia "secondaria". Sicuramente i farmaci più a rischio sono gli agenti "alchilanti" (clorambucile, ciclofosfamide, nitrosouree).
Il fumo di sigaretta (1/4 di tutte le AML si verificano tra fumatori; ciò che corrisponde alla media statistica dei fumatori nelle società occidentali). È probabile che il benzopirene, le aldeidi tossiche e certi metalli pesanti (come cadmio e piombo) nel fumo di sigaretta siano i fattori maggiormente responsabili.
Alcune malattie come la sindrome di Down, l'anemia di Fanconi, l'atassia-teleangectasia e la sindrome di Bloom. In questo caso, la mutazione genetica di alcune di queste patologie e' a carico di proteine coinvolte nel riparo del DNA. Il rischio di sviluppare una leucemia in queste malattie, dipende dunque da una minore efficienza dell'organismo di riparare il DNA dopo certe lesioni
leucemia insieme di malattie maligne - tumori
Le cellule staminali emopoietiche, che si trovano nel midollo osseo rosso, danno origine a due linee cellulari:
La linea mieloide, da cui originano i globuli rossi, alcuni tipi di globuli bianchi (granulociti e monociti) e le piastrine.
La linea linfoide, da cui originano i linfociti (un altro tipo di globuli bianchi).
A seconda della linea cellulare verso cui evolve il clone leucemico si parla di leucemia mieloblastica (LM) o leucemia linfoblastica (LL). All'interno di queste due suddivisioni si fa un'altra importante distinzione basata sul decorso della malattia: distinguiamo pertanto leucemie acute e leucemie croniche. Il quadro clinico della leucemia è dovuto essenzialmente all'invasione del midollo da parte del clone neoplastico e alla conseguente distruzione delle cellule emopoietiche normali: il paziente affetto da leucemia sviluppa dunque anemia (per insufficiente produzione di globuli rossi), infezioni frequenti e gravi (per ridotta produzione di globuli bianchi) ed emorragia (per ridotta produzione di piastrine). La leucemia acuta non trattata ha una prognosi rapidamente infausta, ma risultati soddisfacenti sono stati raggiunti con la chemioterapia e l'eventuale trapianto di midollo osseo, tanto da raggiungere una guarigione in alcuni casi (leucemia linfatica acuta common del bambino) anche nell'80% dei pazienti. La leucemia cronica rappresenta invece quadri molto eterogenei, tanto che è possibile che non influenzi nemmeno l'aspettativa di vita (leucemia linfatica cronica in stadio precoce).
Cellule staminali tumorali
La prima prova a favore della teoria della cellula staminale tumorale è stata suggerita da esperimenti effettuati nella leucemia mieloide acuta. Si è osservato che non era possibile far crescere cellule tumorali in un topo se la concentrazione con cui le si iniettava era troppo bassa. D'altro canto, si è potuto identificare una rara popolazione di cellule tumorali dotate di particolari caratteristiche (espressione di antigeni di membrana) che sono in grado di prosperare e riprodurre la malattia anche se iniettate in numero esiguo. Inoltre le cellule cui era stata tolta questa popolazione non erano in grado di crescere nel topo in nessun caso.
La cellula staminale tumorale deve possedere due proprietà fondamentali: essere capace di auto-rinnovarsi e di differenziarsi in cellule più mature (divisione asimmetrica)
Banche di cellule da liquido amniotico
Vista l'alta capacità moltiplicativa, le staminali da liquido amniotico si possono conservare per se stessi autorizzando al contempo la possibilità di utilizzo per altri soggetti compatibili.
Le cellule amniotiche non rientrano concettualmente nella linea legislativa del sangue e dei suoi derivati, pertanto la loro conservazione è consentita in tutto il mondo.
Le cellule vengono estratte da un campione prelevato durante l'amniocentesi, pratica a pagamento per le donne under 35, che implica un rischio generalizzato di aborto pari all'1% dei casi, successivamente amplificate ed espanse in laboratorio.
La speranza è che le numerose ricerche in corso aprano la possibilità di utilizzo delle cellule amniotiche nel trattamento e nella cura di numerose patologie, dalle malformazioni fetali a malattie degenerative e a disordini di tipo genetico, anche se lo stadio attuale della ricerca è ancora molto precoce.
Le cellule staminali adulte sono cellule non specializzate che si riproducono giornalmente per fornire alcune specifiche cellule
Le cellule staminali adulte sono cellule non specializzate che si riproducono giornalmente per fornire alcune specifiche cellule: ad esempio 200 miliardi di globuli rossi sono generati ogni giorno nel corpo da cellule staminali emopoietiche. Fino a poco tempo fa si pensava che ognuna di queste cellule potesse produrre unicamente un tipo particolare di cellula: questo processo è chiamato differenziazione (vedi morfogenesi). Tuttavia negli ultimi anni si sono avute prove che le cellule staminali possono acquisire molte forme differenti: è noto che cellule staminali nello stroma del midollo osseo possono trasformarsi in cellule epatiche, neurali, muscolari, renali e follicolari. Caratteristiche molto simili o identiche si ritrovano anche nelle cellule staminali contenute nel tessuto adiposo, presenti in abbondanza e facilmente prelevabili con una semplice lipoaspirazione. il lipoaspirato può essere processato anche immediatamente e rappresenta oggi la fonte più promettente di cellule staminali adulte mesenchimali
Le cellule staminali adulte potrebbero anche essere più versatili. Ricercatori alla New York University School of Medicine hanno estratto cellule staminali dal midollo osseo di topi che loro dicono essere pluripotenti. Trasformare un tipo di cellula staminale in un altro si chiama transdifferenziazione.
Utili fonti di cellule staminali adulte sono in realtà localizzabili in tutti gli organi del corpo. Ricercatori alla McGill University di Montréal hanno ricavato cellule staminali dalla pelle capaci di specializzarsi in molti tipi di tessuto, compresi neuroni, cellule muscolari lisce e cellule adipose. Esse sono state trovate nel derma, lo strato più profondo della pelle: queste cellule staminali giocano un ruolo centrale nella rimarginazione di piccoli tagli. Si ritiene che anche i vasi sanguigni, la polpa dentaria, l'epitelio digestivo, la retina, il fegato ed anche il cervello contengano cellule staminali, utili per la rigenerazione dello stesso sistema nervoso centrale, cervello e midollo spinale. In Italia, attraverso il Registro Nazionale dei donatori di Midollo Osseo, "IBMDR", è possibile rintracciare un donatore volontario di cellule staminali adulte, per la cura varie malattie, tra cui la leucemia.
Il sangue residuo della placenta e del cordone ombelicale costituisce una fonte di cellule staminali
Questo sangue non viene analizzato direttamente per agenti infettivi, in quanto gli esami sierologici vengono effettuati sulla partoriente, al parto e a sei mesi dalla donazione. Viene eseguita però la caratterizzazione HLA per determinare se il ricevente sia compatibile o meno con il tessuto ricevuto. I risultati della tipizzazione HLA vengono pubblicati su dei database mondiali - per es. BMDW - accessibili da centri trapianto autorizzati per poter "avviare" una ricerca di tessuto compatibile con il proprio paziente. Il sangue da cordone subisce trattamenti ed è deprivato dei globuli rossi prima di essere conservato in azoto criogenico a una temperatura compresa tra -130 e -196° centigradi per un futuro utilizzo. Al momento del trapianto, il sangue viene scongelato, vengono filtrate le sostanze criopreservanti e somministrato al paziente per endovena o nella cresta iliaca.
Questo genere di terapia, in cui le cellule staminali sono ottenute da un donatore estraneo, è detta allogenica o eterologa. Quando le cellule sono ricavate dallo stesso paziente sul quale saranno utilizzate la conservazione è detta autologa e quando provengono da individui identici, è chiamata singenica. Il trasferimento xenogenico, quindi tra animali appartenenti a diverse specie, è molto poco sviluppato e si ritiene abbia scarse possibilità.
In Italia la conservazione per uso "personale", o più precisamente per uso intrafamiliare, è consentita solo nel caso in cui, al momento del parto, siano presenti nel neonato, nella fratria o nei genitori del neonato stesso, delle patologie che abbiano l'indicazione al trapianto con cellule staminali da sangue placentare. In questo caso si parla di conservazione dedicata (o più propriamente, di uso autologo e uso allogenico correlato) ed è sufficiente presentare un certificato medico degli specialisti che seguono la persona malata.
Per le conservazioni dedicate i criteri di selezione e di esclusione dell'unità dalla raccolta e dal congelamento sono meno rigidi rispetto alle comuni conservazioni.
In caso diverso è comunque consentito, previa autorizzazione delle autorità competenti (vedi Decreto ministeriale del 18 novembre 2009 pubblicato sulla G.U. del 31 dicembre 2009), raccogliere il sangue placentare e spedirlo all'estero a pagamento per la criopreservazione presso laboratori privati, pratica vietata in Italia.
Cellule staminali amniotiche - liquido amniotico
Rispetto alle embrionali, le staminali amniotiche non hanno suscitato problemi etici e - elemento fondamentale dal punto di vista medico - possono essere utilizzate ad uso autologo, cioè direttamente sull'individuo stesso. Questo fatto - che non è attuabile con quelle embrionali, poiché l'embrione da cui originano è stato distrutto - permette una assoluta compatibilità con il "proprietario", senza alcun problema di rigetto.
Il rigetto si può evitare anche con le cellule staminali adulte, ma queste ultime sono più "anziane", con minori capacità differenziative e meno dinamiche rispetto a quelle embrionali, fetali o amniotiche.
Numerosi istituzioni universitarie e centri di ricerca nel mondo sono impegnati a studiare le cellule amniotiche, la cui scoperta è molto recente e le cui potenzialità sono tuttora oggetto di continue scoperte. Ad oggi si ipotizza che queste cellule possano differenziarsi in molti tessuti come quelli cartilaginei, ossei, adiposi, neurali. Esiste una recente pubblicazione di un gruppo franco-italiano ha permesso di differenziare le staminali amniotiche in staminali emopoietiche.
Società private propongono la conservazione a pagamento delle cellule staminali che potrebbero essere utilizzate per il proprietario stesso o per i parenti più stretti (in alcuni casi).
In sintesi, è possibile affermare che le cellule staminali presenti nel liquido amniotico siano in grado di differenziarsi in molti tipi di cellule adulte, conservando caratteristiche di "gioventù" uniche nel percorso biologico dell'individuo.
Riguardo al dibattito etico, l'uso delle cellule amniotiche non presenta controindicazioni e i principali quotidiani cattolici, da "L'Avvenire" all'autorevole "Osservatore Romano", quotidiano ufficiale della Chiesa Cattolica, si sono espressi favorevolmente
Cellule staminali fetali - amniotiche - embrionali - adulte
Le cellule staminali embrionali sono ottenute a mezzo di coltura, ricavate dalle cellule interne di una blastocisti. La ricerca sulle cellule staminali embrionali è ancora ai primi stadi: fare ricerca con cellule umane di questo tipo è una questione controversa: l'utilizzo di cellule staminali embrionali ha sollevato un grosso dibattito di carattere etico. Difatti per poter ottenere una linea cellulare (o stirpe, o discendenza) di queste cellule si rende necessaria la distruzione di una blastocisti, un embrione non ancora cresciuto sopra le 150 cellule; tale embrione è ritenuto da alcuni un primitivo, od almeno potenziale, essere umano, la cui distruzione equivarrebbe all'uccisione di un essere umano già concepito. Il dibattito vede dunque contrapposti coloro che preferiscono adottare, proprio per la mancanza di certezze sul momento in cui possa individuarsi la nascita dell'"essere umano", una posizione prudente e contraria all'utilizzo degli embrioni umani per fini di ricerca, e coloro che condividono e sostengono la necessità di ricerca sulle cellule embrionali umane pur essa implicando la distruzione dell'embrione fermo restando che sarebbero utilizzati solo embrioni congelati che sarebbero poi distrutti per la perdita della loro efficacia. Questi embrioni sono le "rimanenze" di inseminazioni artificiali e circa il loro utilizzo in campo di ricerca la loro potenzialità potrebbe essere sfruttata per una ipotetica terapia di un maggior numero di patologie. Tutto ciò è già possibile negli U.S.A., grazie a finanziamenti soprattutto privati.
Le cellule staminali amniotiche si trovano nel liquido amniotico che circonda il feto durante la gestazione. Le cellule staminali amniotiche hanno caratteristiche biologiche molto simili alle staminali embrionali, ma non hanno le controindicazioni di tipo etico legate alla distruzione dell'embrione. La ricerca su queste cellule è molto recente, ma sono molte le patologie per le quali è prevista l'applicazione sull'uomo: dalle malattie della retina, al diabete, alle malattie neurodegenerative, alla chirurgia ricostruttiva, alle malattie rare... . Esistono, sia in Italia che all'estero, centri pubblici e banche private che conservano le cellule staminali amniotiche in vista di un utilizzo autologo.
Le cellule staminali fetali con caratteristiche multipotenti, sono presenti nell'utero, nel corso dello sviluppo fetale, e vengono ottenute da feti abortiti spontaneamente o da interruzioni di gravidanza.
Tipi di cellule staminali
Una singola cellula staminale totipotente può svilupparsi in un intero organismo e persino in tessuti extra-embrionali. I blastomeri posseggono questa proprietà.
Le cellule staminali pluripotenti, possono specializzarsi in tutti i tipi di cellule che troviamo in un individuo adulto ma non in cellule che compongono i tessuti extra-embrionali.
Le cellule staminali multipotenti sono in grado di specializzarsi unicamente in alcuni tipi di cellule.
Le cellule staminali unipotenti possono generare solamente un tipo di cellula specializzata.
Le cellule staminali sono anche classificate secondo la sorgente di derivazione, come embrionali, fetali, amniotiche e adulte.
Cellule staminali
Sebbene le cellule staminali siano dotate di un potenziale replicativo illimitato, sono normalmente quiescenti (fase G0 del ciclo cellulare) e solo di rado entrano in mitosi (fa eccezione lo sviluppo embrionale). Infatti la parte più consistente del "lavoro replicativo" che porta all'incremento numerico della progenie delle cellule staminali in funzione dell'accrescimento o della riparazione dei tessuti, viene svolto da cellule non staminali definite progenitori o transit amplifying cells (TAC), derivate direttamente dalle cellule staminali, ma parzialmente differenziate e prive della capacità di autorinnovamento. Questa strategia replicativa, che limita il numero di eventi replicativi a cui una cellula staminale va incontro, si fonda probabilmente su due importanti principi tra loro collegati:
Stretto controllo del numero di cellule staminali: ogni cellula staminale occupa una propria nicchia biologica definita da un complesso network di segnali biochimici, che probabilmente forniscono anche alla cellula staminale le informazioni necessarie sul momento opportuno per replicarsi.
Conservazione dell'integrità del genoma delle cellule staminali: un basso numero di replicazioni riduce il rischio di danni al DNA, cioè di mutazioni. Le mutazioni a carico delle cellule staminali sono estremamente nocive e pericolose, poiché:
vengono trasmesse a tutte le generazioni di cellule figlie derivate da quella cellula staminale. Al contrario una mutazione in una TAC si ripercuote solo su di una singola generazione di cellule, che eventualmente dopo un certo tempo verrà comunque sostituita.
possono indurre la cellula staminale a degenerare in senso neoplastico, diventando una cellula staminale tumorale, cioè una tipologia di cellula probabilmente responsabile del continuo rifornimento di nuove cellule che caratterizza lo sviluppo e soprattutto le recidive dei tumori.
Funghi buoni e funghi velonosi
Ci sono molte più specie di funghi che vengono raccolti dal loro ambiente naturale per il consumo personale o per la vendita commerciale. Prataioli, spugnole, finferli, tartufi, trombette, galletti e funghi porcini ( Boletus edulis ) e la domanda impone un prezzo elevato sul mercato. Essi sono spesso utilizzati nei piatti d'alta cucina e di cucina tipica.
Alcuni tipi di formaggi richiedono l'inoculazione di cagliata di latte con le specie fungine che conferiscono un sapore unico e la consistenza particolare del formaggio. Alcuni esempi sono il blu di formaggi come Stilton e Roquefort , che sono fatti per inoculazione con Penicillium roqueforti. I ceppi utilizzati nella produzione di formaggio non sono tossici e sono quindi sicuri per il consumo umano, tuttavia, micotossine come aflatossine, roquefortine C , patulina, o altre possono accumularsi a causa della crescita di altri funghi durante la stagionatura e la conservazione errata.
Molte specie di funghi sono velenose per l'uomo, con tossicità che producono da lievi problemi digestivi o allergici fino a più gravi come le allucinazioni, gravi danni di organi (spesso il fegato) e la morte.
Generi di funghi contenenti tossine letali includono Conocybe , Galerina , Lepiota , e la più pericolosa, Amanita, che comprende anche specie commestibili. Quest'ultimo comprende A. virosa e A. phalloides , la causa più comune di avvelenamenti mortali da funghi. La Gyromitra esculenta è a volte considerata una prelibatezza quando è cotta, ma può esser molto tossica se mangiata cruda. Il Tricholoma equestre è stato considerato commestibile fino a essere implicato in avvelenamenti gravi, causando rabdomiolisi.
L'Amanita muscaria è anche causa occasionale di avvelenamenti, per lo più a seguito di ingestione per l'uso come droga, per i suoi effetti allucinogeni dovuti a fenomeni tossici. Storicamente, questa specie è stata utilizzata da diversi popoli in Europa e Asia e il suo utilizzo religioso o sciamanico.L'uso viene segnalato in alcuni gruppi etnici come il popolo Koryak del nord-est della Siberia. Poiché è difficile individuare con precisione un fungo sicuro, senza un'adeguata formazione e conoscenza, è spesso consigliato di assumere che un fungo selvatico sia velenoso e quindi non consumarlo.
I Funghi vanno comunque consumati, in genere e se non se ne è mai fatto un uso precedente, saltuariamente ed in modiche quantità in quanto spesso contengono carboidrati complessi e poco comuni negli altri alimenti, primo tra tutti, la chitina, che appesantiscono il lavoro dell'apparato digerente. La risposta dell'organismo a simili stimoli è spesso strettamente individuale, escludendo i casi di allergia ed intolleranza alimentare, la dotazione enzimatica dell'organismo umano atta a digerire queste molecole è estremamente variabile e personale.
Classificazione Funghi
Nella più moderna rivisitazione del Regno dei Funghi (Hawksworth et al., 1995) vengono accettati come componenti solo quattro divisioni (Ascomycota, Basidiomycota, Chytridiomycota e Zygomycota) di cui si elencano di seguito i sottordinati taxa:
Divisione Ascomycota
Classe Ascomycetes
Ordine Elaphomycetales, Helotiales, Pezizales, Sphaeriales, Tuberales
Classe Dothiomycetes
Classe Pneumocystidomycetes
Classe Saccharomycetes
Classe Schizosaccharomycetes
Classe Taphrinomycetes
Divisione Basidiomycota
Classe Basidiomycetes
Sottoclasse Aphyllophoromycetidae
Ordine Cantharellales, Clavariales, Corticiales, Ganodermatales
Ordine Hericiales, Hymenochaetales, Polyporales, Thelephorales
Sottoclasse Gasteromycetidae
Ordine Lycoperdales, Sclerodermatales, Nidulariales, Phallales
Sottoclasse Hymenomycetidae
Ordine Agaricales, Amanitales, Boletales, Cortinariales
Ordine Entolomatales, Pluteales, Russulales, Tricholomatales
Sottoclasse Phragmomycetidae
Ordine Calocera
Divisione Chytridiomycota
Divisione Zygomycota
Patologie dei funghi
Nutrimento Funghi
Essi costituiscono un anello importantissimo dell'ecosistema, in quanto permettono la chiusura del ciclo della materia rendendola nuovamente disponibile all'organicazione da parte delle piante verdi.
L'eterotrofia dei funghi li costringe sempre ad un tipo di vita dipendente che si può differenziare in tre modalità, distinte in base ai rapporti del fungo stesso con il substrato di crescita: saprofitismo, parassitismo e mutualismo.
A seconda delle loro esigenze nutritive i funghi si dividono in saprofiti, parassiti e simbionti o mutualistici.
Riproduzione Funghi
scissione
come avviene nei lieviti (Ascomycota), consiste nella divisione della cellula madre in due cellule figlie uguali, con lo stesso patrimonio genetico attraverso un processo chiamato mitosi. I funghi che adottano questo sistema riproduttivo hanno un accrescimento esponenziale.
gemmazione
comune anch'essa nei lieviti, è un sistema in cui le cellule figlie compaiono come protuberanze (gemme) della cellula madre dalla quale poi si possono distaccare diventando autonome o possono restare attaccate formando una colonia; è diversa dalla scissione in quanto nella gemmazione avviene una ripartizione diseguale del citoplasma.
frammentazione
avviene con il distacco di una parte più o meno sviluppata che si accresce in maniera indipendente.
sporogenesi
attraverso un processo mitotico vengono prodotte spore (mitospore), capaci di generare un nuovo individuo, in cellule specializzate (sporocisti). Le mitospore, protette da una spessa parete, possono essere mobili e flagellate (zoospore), oppure no (aplanospore). In alcuni gruppi di funghi vengono prodotte un particolare tipo di aplanospore esternamente alla sporocisti, chiamate conidiospore.
Funghi Tossici
Alimentazione eterotrofa
Completa mancanza di tessuti differenziati e di elementi conduttori
Sistema riproduttivo attraverso elementi detti spore (e non attraverso uno stadio embrionale come avviene per animali e piante)
Altri organismi storicamente classificati come Funghi sono tutt'ora di classificazione incerta: alcuni autori li classificherebbero nel Regno Protista o Protoctista, che comprenderebbe organismi unicellulari delle classi Plasmodiophoromycetes e Myxomycetes. Thomas Cavalier-Smith ha proposto anche un sesto regno (Chromista), comprendente le classi dei Hyphochytridiomycetes e Oomycetes.
La classificazione dei funghi è stata sottoposta a molti cambiamenti negli ultimi anni, come conseguenza dell’intensificazione degli studi. L’avvento degli studi molecolari ha fortemente contribuito, negli ultimi 10-15 anni a produrre un ordinamento sistematico più obiettivo, basato sulla filogenesi, ordinamento che promette un maggior grado di stabilità.
Solvente - liquido che scioglie un soluto solido
I solventi in genere hanno un basso punto di ebollizione ed evaporano facilmente o possono essere rimossi per distillazione, lasciando ciò nonostante la sostanza disciolta intatta. I solventi non dovrebbero dunque reagire chimicamente con il soluto (ovvero devono essere chimicamente inerti). I solventi possono anche essere utilizzati per estrarre composti solubili da un miscuglio.
I solventi sono solitamente liquidi chiari e incolori e spesso presentano un odore caratteristico. La concentrazione di una soluzione è l'ammontare di composto disciolto in un certo volume di solvente. La solubilità è l'ammontare massimo di composto solubile in un certo volume di solvente a data temperatura.
Il termine solvente organico si riferisce ai solventi che sono composti organici. Usi comuni dei solventi organici sono nel lavaggio a secco (es. tetracloroetilene), come colle (es. acetone, acetato di metile, acetato di etile) come rimotori di macchie (es. esano), nei detergenti, profumi e soprattutto nelle sintesi chimiche.
Pesticida - respingere o distruggere gli organismi viventi
Il termine "pesticida" è più generico dell'espressione "fitofarmaco" poiché ingloba oltre ai prodotti destinati alla protezione delle piante, anche i prodotti ad uso veterinario destinati a proteggere gli animali domestici e da compagnia (ad esempio, il collare antipulci per cani).
Il termine è improprio, derivante dalla traduzione dall'inglese pesticide, seguendo lo stesso modello. Inoltre molto spesso se ne fa un utilizzo strumentale, ovvero lo si usa quando si vuole esprimere un giudizio negativo, quando si vuole apportare una nota polemica all'argomento. Il termine è ormai entrato nel linguaggio comune, a causa dell'ampio utilizzo che ne è stato fatto da parte dei media, e a volte lo si ritrova anche a livello accademico.
La legislazione europea o italiana non riconosce il termine pesticida; al contrario definisce precisamente il significato di biocida, di prodotto fitosanitario e di prodotto antiparassitario contro le avversità delle colture.
Tossicologia - intossicazione e degli enzimi coinvolti nel loro metabolismo
L'entità del danno biologico procurato da una sostanza tossica è legata a diverse variabili, tra le principali si citano:
natura chimica del tossico;
modalità di assorbimento (orale, transdermico, inalatorio, ecc.);
concentrazione;
entità e durata dell'esposizione;
stato di salute generale (buono, malattia preesistente, gravidanza, ecc.)
fattori genetici individuali.
Gli effetti clinici tossicologici possono manifestarsi in modo acuto, subacuto, subcronico o cronico.
La tossicologia tende a studiare in maniera distinta gli effetti tossici in base a due maggiori categorie: tossicità organo-mirata e tossicità non organo-mirata.