mercoledì 16 aprile 2008
Sostanze chimiche e disturbi del sistema nervoso
Malattie psicosomatiche e medicina psicosomatica
Questa condizione è spesso accompagnata da altri segnali negativi, non tutti tempestivamente avvertiti dall'interessato (e tantomeno ricollegati a cause lavorative): calo di memoria, insonnia, impotenza o frigidità sessuale, improvvisi mutamenti d'umore, stati d'ansia. Questi campanelli d'allarme segnalano l'iniziale rottura dell'equilibrio psicologico; se non si interviene tempestivamente e non tanto con medicine quanto con l'allontanamento temporaneo dell'attività, con interventi sull'ambiente e sull'organizzazione del lavoro possono nascere forme psichiche più o meno gravi, che tra l'altro non sono riconosciute malattie professionali dalla legge assicurativa.
Un turbato equilibrio psichico può generare anche malattie piscosomatiche tipo gastriti, ulcere, coliti, forme d'asma o di eczema, fatti cardiaci o artritici che, pur presentando i comuni sintomi propri di tali malattie, traggono la loro origine non da agenti patogeni o da intossicazioni, ma da fattori psicogeni, ricollegabili appunto a cattive condizioni di lavoro. Molti lavoratori non ammettono che quella tensione, quell'ansia, quell'insoddisfazione, a loro ben note, siano causa di turbe psichiche o addirittura di disturbi o di malattie fisiche. Negano soprattutto di aver ridotto il loro impegno lavorativo o, peggio, cercato scuse ed occasioni per allontanarsene.
La medicina psicosomatica ha documentato l'origine psicogena di certe malattie un tempo ritenute organiche, e ha accertato che non meno di una colite o di una forma cardiaca d'altra natura, anche quelle di origine psichica hanno assoluto bisogno di cure: non sono quindi malattie immaginarie, ma vere e proprie forme morbose che, lasciate senza adeguata terapia, possono aggravarsi e procurare più serie conseguenze. Queste malattie, questi disturbi dell'efficienza psichica sono conseguenze di una condizione di disadattamento nei confronti di un lavoro sempre più spersonalizzato e sempre meno a misura d'uomo. Il lavoratore si sente infatti costretto a ritmi e movimenti disposti da un'altrui volontà: mortificato nella sua dignità di produttore, finisce con l'essere una semplice appendice della macchina. Ogni innovazione tecnologica dalla cui realizzazione il lavoratore viene quasi sempre escluso determina nell'uomo un impegno di adattamento alla nuova condizione, e poiché i mutamenti sono in tal campo continui, egli finisce con l'essere sempre in ritardo rispetto alle modificazioni imposte dal progresso e sempre in tensione per riuscire ad adeguarvisi. Molte e complesse sono le cause dell'affaticamento in un lavoro ancora prevalentemente manuale e non automatizzato, come è quello dell'attuale fase di sviluppo tecnologico del nostro paese. È assai probabile tuttavia che molta parte abbiano quelle condizioni negative che gli stessi lavoratori denunciano, e che appartengono al quarto gruppo (pericoli per l'equilibrio neuropsichico). Quasi sempre, nell'ambiente di lavoro, non vengono tenute in considerazione le effettive capacità del lavoratore, né la sua creatività, o la sua intelligenza e la sua volontà di realizzarsi attraverso l'attività. Spesso i ritmi lavorativi sono predeterminati e sempre uguali, contrariamente a quelli biologici che variano nell'arco della giornata, e troppo veloci.
In genere il lavoratore ha scarsa conoscenza del completo ciclo produttivo e difficilmente riesce a rendersi conto dell'importanza e del significato della propria mansione, che appare così sciocca e priva di senso : raramente può prendere decisioni autonome o sentirsi responsabilizzato, o mettere qualcosa di suo in ciò che fa. Questo complesso di fattori determina forme di disaffezione e di frustrazione, di noia, monotonia; in una parola, di alienazione.
I rischi professionali imprenditori lavoratori
Infortuni e malattie professionali
Oggi la situazione è diversa: la diffusione di una maggiore coscienza igienico-sanitaria, l'estensione dell'assistenza di malattia e il progresso farmacologico hanno determinato una netta diminuzione delle malattie infettive; i fattori socio-ambientali sono diventati quindi i maggiori responsabili della morbosità. Gran parte delle malattie cardiocircolatorie, dei tumori, delle forme mentali, delle allergie, delle obesità, dei traumatismi e via dicendo, trovano una diretta responsabilità, o quanto meno una concausa, nella fitta rete di agenti socio-ambientali (inquinamento dell'aria, dell'acqua e del suolo, lavoro pericoloso e nocivo, sofisticazioni alimentari e malnutrizione, traffico convulso, scarsità di moto, tensione della vita moderna, etc...). È in questa cornice che si pone la specifica pericolosità dell'ambiente lavorativo dove impianti e organizzazione del lavoro sono finalizzati maggiormente alle necessità produttive che alle esigenze biologiche del lavoratore, dove il ritmo lavorativo non è sempre sovrapponibile a quello individuale, dove vengono impiegate nuove sostanze chimiche di cui non sono magari mai state studiate le possibili conseguenze sull'organismo umano. Tale pericolosità non è solo teorica ma è purtroppo una realtà quotidiana, come dimostra la gravità del fenomeno infortunistico.
la fatica
Quando l'attività lavorativa si è particolarmente protratta e si sono spese molte energie, si può accusare una sensazione di fatica, localizzata ad una certa regione muscolare o generalizzata, che impone all'organismo un più lungo riposo: quello che intercorre, appunto, tra una giornata lavorativa e l'altra e che include il sonno. Vi sono però casi in cui la stanchezza non scompare neppure con il riposo notturno, e la nuova giornata vede l'uomo iniziare la sua attività ancora affaticato. Giorno dopo giorno si verificherà un accumulo crescente di stanchezza, una sorta di vero e proprio esaurimento caratterizzato non solo da un calo di rendimento ma anche da sensazioni di malessere generale, di repulsione per il lavoro, di desiderio di dormire. Tale condizione indubbiamente patologica richiede specifiche misure sull'uomo (adeguato riposo) e sulle condizioni lavorative (riduzione del carico di lavoro). La fatica quindi è una conseguenza di modificazioni biologiche locali che finiscono con l'interessare poi, progressivamente, l'intero organismo. Non va ignorato, tuttavia, che la fatica non è sempre e solo conseguenza di un superlavoro di un apparato o dell'intero organismo, ma può essere indotta o accentuata da fattori psicologici.
domenica 13 aprile 2008
Anemia cronica
L'anemia, comunemente intesa, ha per lo più un andamento cronico; tuttavia le anemie più gravi sono proprio quelle che insorgono improvvisamente o a causa di gravi perdite di sangue (traumi, ferite, emorragie da rottura di vasi) o a causa di improvvisa distruzione di globuli rossi (anemie emolitiche), conseguente all'inalazione o all'ingestione di taluni tossici, farmaci, legumi (fave, piselli): quest'ultima evenienza è tipica delle anemie emolitiche ereditarie, dovute per lo più a deficit enzimatici dei globuli rossi, oppure ad anemie emolitiche autoimmuni acquisite, che insorgono in seguito a una risposta abnorme dell'organismo che produce anticorpi contro i globuli rossi.