lunedì 6 aprile 2009
SINDROME ISCHEMICA
SINDROME ISCHEMICA, insieme di fenomeni che si manifestano in un qualunque territorio anatomico del nostro corpo allorché l'irrorazione di sangue arterioso vi è ridotta o abolita. Se il deficit di flusso s'instaura rapidamente si parla di forma acuta, se s'instaura lentamente di forma cronica. La sindrome ischemica acuta si ha quando il flusso arterioso diminuisce improvvisamente sotto il punto critico (il che si verifica allorché il lume dell'arteria è ostruito per circa il 70 per cento), sia per l'arresto in un punto del vaso di un embolo (vedi embolia arteriosa), sia per una trombosi arteriosa a rapida evoluzione, sia ancora per un trauma (frattura ossea, oppure lacerazione dell'arteria); insorge all'arto colpito un dolore lancinante, a colpo di frusta, che si irradia in un secondo tempo, sempre restando molto intenso, all'intero arto. Quest'ultimo appare dapprima di un pallore cadaverico, poi ricoperto qua e là da marezzature bluastre: risulta freddo alla palpazione al di sotto del punto dell'ostruzione. I polsi periferici scompaiono, i muscoli ischemizzati perdono forza. All'estremità compaiono dapprima vescicole della pelle e in un secondo tempo circoscritte zone nerastre che sono espressione della sofferenza e della morte dei tessuti: l'esito finale della sindrome è infatti la gangrena. Per la cura, vedi obliterazione arteriosa acuta.
SINDROME INTERMEDIA
SINDROME INTERMEDIA, patologia che si colloca nel territorio di confine fra l'angina di petto e l'infarto. È insomma più di una angina pectoris e meno di un infarto miocardico. Vi è una ischemia importante del miocardio, che però non riesce a provocare la sua mortificazione (necrosi). Portano alla sindrome intermedia molte miocardiopatie con sofferenza coronarica: in particolare le cardiopatie fibrillanti gravi, la tachicardia parossistica, la cardiotireosi, le cardiopatie ipertensíve, h cardiopatie con stato di shock. Il malato presenta la classica sintomatologia dolorosa, a barra, lungo il petto. Mancano però altri fenomeni tipici dell'infarto miocardico, come l'aumento degli enzimi cardiaci, l'aumento della velocità di eritrosedimentazione, la presenza della febbre. L'elettrocardiogramma denuncia solo la grave condizione ischemica del miocardio, mai la condizione di necrosi (che è tipico segno di situazione infartuate).
SINDROME DELLE GAMBE IRREQUIETE
SINDROME DELLE GAMBE IRREQUIETE, equivalente all'acroparestesia, localizzata però agli arti inferiori e prevalentemente negli uomini anziché nelle donne. I soggetti che lamentano il disturbo riferiscono che il loro sonno è interrotto dalla comparsa di formicolii e di sensazioni puntorie alle gambe, tali da costringerli ad alzarsi e a passeggiare. Se tentano di rimanere a letto, finiscono per muovere in continuazione gli arti inferiori nella speranza di trovare sollievo: la forma, infatti, viene anche detta delle gambe senza riposo. Né il freddo né il caldo valgono ad alleviare il disturbo, di cui sarebbe responsabile la compressione delle radici nervose da parte dei plessi venosi che le circondano in corrispondenza della colonna lombosacrale. Con il cloridrato di chinino i sintomi diminuiscono o scompaiono. È utile associare sedativi.
SINDROME DELLA SASSATA
SINDROME DELLA SASSATA, trombosi acuta di una vena della gamba che insorge in pieno benessere, durante il cammino oppure sotto sforzo, e che fa seguito alla rottura, con conseguente piccola emorragia, di qualche vena muscolare del polpaccio. Viene denominata così perché il paziente, avverte un dolore improvviso ed intenso al polpaccio o alla piega del ginocchio e ha la sensazione di essere stato colpito da un sasso. Subito dopo il dolore, per quanto attenuato persiste e rende difficoltoso il camminare e salire le scale. Il paziente è costretto, per qualche giorno, a rimanere a letto. La diagnosi viene confermata dalla posività del segno di Homans: flettendo dorsalmente il piede, si risveglia un dolore al polpaccio. Talvolta, in corrispondenza della rottura venosa, si evidenzia sotto al pelle un'ecchimosi. In rari casi la trombosi che fa seguito alla piccola emorragia evolve verso la tromboflebite del sistema venoso profondo, il che implica una prognosi meno favorevole. Altrimenti l'affezione si risolve nel volgere di due-tre settimane.
SINDROME DELL'ARTERIA TIBIALE ANTERIORE
SINDROME DELL'ARTERIA TIBIALE ANTERIORE, affezione tanto rara quanto seria che insorge per solito in pieno benessere dopo una marcia prolungata o dopo un esercizio faticoso delle gambe: esordisce con un dolore sempre più intenso al collo del piede e alla faccia antero-esterna della gamba; sopravviene poi arrossamento della pelle e gonfiore dei tessuti in questi sedi. L'esito più temibile è la paralisi in estensione del piede, che impedisce al paziente di flettere il piede stesso. La causa prima di questa sindrome consiste in una riduzione o interruzione di flusso dell'arteria tibiale anteriore, con danno conseguente al muscolo tibiale anteriore, le cui fibre in gran parte muoiono e vengono sostituite da tessuto fibroso: da qui la descritta menomazione dei movimenti del piede, per evitare la quale è di vitale importanza una diagnosi precoce della sindrome entro 24 ore dal suo esordio.
SINDROME DELLA COSTOLA CERVICALE
SINDROME DELLA COSTOLA CERVICALE, sindrome che, al pari di quella dello scaleno (vedi scaleno, sindrome dello), rientra tra le numerose forme raynaud-simili (vedi Raynaud, sindrome di). Si osserva in una piccola percentuale di soggetti portatori di una costola cervicale, ossia di una costola in più, connessa in forma di abbozzo, alla 7' vertebra cervicale: in un caso circa su dieci la costola cervicale esercita una compressione sul plesso brachiale (provocando dolore al braccio e formicolii alla mano del lato interessato) e sull'arteria succlavia (dando luogo a crisi vasospastiche caratterizzate dal fenomeno di Raynaud). La sindrome prevale nelle donne, in età media o giovanile.
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