Che cos'è il morbo di Wilson e come s manifesta?
Il morbo di Wilson è una forma abbastanza rara, ereditaria, determinata da una alterazione del metabolismo . Tale affezione è caratterizzata, oltre che da una cirrosi del fegato, da una de generazione di particolari strutture dell'encefalo (nuclei della base) e da una pigmentazione intorno alla cornea. Que sta grave malattia colpisce soggetti di età giovane (spesso si manifesta nell'adole scenza) e comincia più frequentemente a rivelarsi sul piano clinico con disturbi neurologici quali tremore, impaccio a parlare e a scrivere, rigidità degli arti. A questo quadro neurologico si associano ittero e alterazioni degli esami riguardanti la funzionalità epatica. Una visiti oculistica rivela la presenza attorno alla cornea di un anello bruno-verdastro; solo raramente tale anello scuro è visibili a occhio nudo. Il trattamento elettivo di questa forma è rappresentato dall'uso della penicillamina, sostanza che lega il rame e ne facilita l'eliminazione urinaria
venerdì 11 aprile 2008
Curare le cirrosi biliari
Come si possono curare le cirrosi biliari ?
Per le forme secondarie a calcoli e a infezioni delle vie biliari l'unica misura ( la prevenzione della cirrosi biliare attraverso un corretto trattamento medico ( chirurgico dell'affezione di base. Pei quanto concerne la forma primitiva s dovrà somministrare la colestiramina (resina ionica di tipo basico), come rimedic sintomatico per il prurito; inoltre si ten ta oggi l'utilizzazione della penicillamina per frenare l'evoluzione della malattia. E' anche necessaria la somministrazione per via parenterale di vitamine (in particolare D, A, K) e di calcio, che in tale affezione sono deficitari.
Per le forme secondarie a calcoli e a infezioni delle vie biliari l'unica misura ( la prevenzione della cirrosi biliare attraverso un corretto trattamento medico ( chirurgico dell'affezione di base. Pei quanto concerne la forma primitiva s dovrà somministrare la colestiramina (resina ionica di tipo basico), come rimedic sintomatico per il prurito; inoltre si ten ta oggi l'utilizzazione della penicillamina per frenare l'evoluzione della malattia. E' anche necessaria la somministrazione per via parenterale di vitamine (in particolare D, A, K) e di calcio, che in tale affezione sono deficitari.
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cirrosi biliari,
infezioni
Cirrosi biliari
Che cosa sono le cirrosi biliari?
Le cirrosi biliari sono un gruppo di cirrosi nelle quali il momento determinante per lo sviluppo della malattia è rappresentato da un danno dei dotti biliari che si trovano sia dentro che fuori del fegato. I dotti biliari sono particolari strutture che convogliano la bile, prodotta dalle cellule epatiche, nell'intestino. Di queste cirrosi si distinguono due tipi: cirrosi biliare primitiva e cirrosi biliare secondario. La forma primitiva sarebbe determinata da complessi fenomeni di ordine immunologico, mentre la forma secondaria è determinata o da una infezione delle vie biliari (dovuta per lo più alla presenza di calcoli) oppure da un mancato o difettoso sviluppo delle vie biliari.
Come si manifestano le cirrosi biliari?
I sintomi clinici di una cirrosi biliare secondaria sono praticamente sovrapponibili a quelli determinati dalla presenza di calcoli nelle vie biliari. Si hanno perciò il dolore e la febbre. In pratica, si può affermare che una calcolosi delle vie biliari di lunga durata, non curata o mal
curata, può a lungo termine complicarsi con una infezione cronica delle vie biliari (colangite) e sfociare in una cirrosi. I sintomi clinici della cirrosi biliare primitiva sono invece spesso poco definibili e tale affezione ha un decorso subdolo. Si manifesta nella maggioranza dei casi in donne di 30-40 anni di età con prurito (presente in genere già da alcuni anni), ittero, piccole lesioni cutanee di colore giallastro (xantomi), determinate dall'accumulo di colesterolo. Tali sintomi fanno pensare alla presenza di calcoli, ma gli esami radiologici risultano negativi, Esami appropriati del sangue e soprattutto la biopsia del fegato consentirannc una corretta diagnosi.
Le cirrosi biliari sono un gruppo di cirrosi nelle quali il momento determinante per lo sviluppo della malattia è rappresentato da un danno dei dotti biliari che si trovano sia dentro che fuori del fegato. I dotti biliari sono particolari strutture che convogliano la bile, prodotta dalle cellule epatiche, nell'intestino. Di queste cirrosi si distinguono due tipi: cirrosi biliare primitiva e cirrosi biliare secondario. La forma primitiva sarebbe determinata da complessi fenomeni di ordine immunologico, mentre la forma secondaria è determinata o da una infezione delle vie biliari (dovuta per lo più alla presenza di calcoli) oppure da un mancato o difettoso sviluppo delle vie biliari.
Come si manifestano le cirrosi biliari?
I sintomi clinici di una cirrosi biliare secondaria sono praticamente sovrapponibili a quelli determinati dalla presenza di calcoli nelle vie biliari. Si hanno perciò il dolore e la febbre. In pratica, si può affermare che una calcolosi delle vie biliari di lunga durata, non curata o mal
curata, può a lungo termine complicarsi con una infezione cronica delle vie biliari (colangite) e sfociare in una cirrosi. I sintomi clinici della cirrosi biliare primitiva sono invece spesso poco definibili e tale affezione ha un decorso subdolo. Si manifesta nella maggioranza dei casi in donne di 30-40 anni di età con prurito (presente in genere già da alcuni anni), ittero, piccole lesioni cutanee di colore giallastro (xantomi), determinate dall'accumulo di colesterolo. Tali sintomi fanno pensare alla presenza di calcoli, ma gli esami radiologici risultano negativi, Esami appropriati del sangue e soprattutto la biopsia del fegato consentirannc una corretta diagnosi.
Da epatite virale acuta a epatite cronica
Quando una epatite virale acuta diventa cronica?
In condizioni normali una epatite acuta si risolve completamente nel giro di qualche mese e raramente qualche forma (epatite acuta protratta) supera i 5-6 me si. Nel caso che dopo 6 mesi da un attacco di epatite virale acuta persistano sintomi come la stanchezza, un ittero me desto, difficoltà a digerire, assenza di appetito e vi siano esami alterati della funzionalità epatica, è necessario controllare con molta attenzione questi pazienti perché una epatite cronica è molto probabile. Tali criteri sono stati stabiliti dal Comitato dell'Associazione per lo studi del fegato.
In condizioni normali una epatite acuta si risolve completamente nel giro di qualche mese e raramente qualche forma (epatite acuta protratta) supera i 5-6 me si. Nel caso che dopo 6 mesi da un attacco di epatite virale acuta persistano sintomi come la stanchezza, un ittero me desto, difficoltà a digerire, assenza di appetito e vi siano esami alterati della funzionalità epatica, è necessario controllare con molta attenzione questi pazienti perché una epatite cronica è molto probabile. Tali criteri sono stati stabiliti dal Comitato dell'Associazione per lo studi del fegato.
Forme di epatite cronica trattamento terapeutico
Quanti tipi o forme di epatite cronica esistono?
È essenziale non solo ai fini della terapia ma anche della prognosi fare una distinzione tra le varie forme di epatiti croniche. Sulla esclusiva base istologia (osservando cioè al microscopio un frammento di fegato prelevato con particolari metodiche) si possono distinguere delle forme meno gravi, cioè le epatiti croniche che persistenti, che nella grande maggioranza dei casi tendono a guarire e per le quali non si deve intraprendere nessun trattamento terapeutico. L'altre gruppo è rappresentato dalle epatiti croniche aggressive o attive (nelle varietà moderatamente o intensamente attive) pe le quali è invece essenziale un trattamento terapeutico adeguato. L'epatite cronica aggressiva colpisce entrambi i sessi in genere predilige l'età matura (soggetti di 40-60 anni).
È essenziale non solo ai fini della terapia ma anche della prognosi fare una distinzione tra le varie forme di epatiti croniche. Sulla esclusiva base istologia (osservando cioè al microscopio un frammento di fegato prelevato con particolari metodiche) si possono distinguere delle forme meno gravi, cioè le epatiti croniche che persistenti, che nella grande maggioranza dei casi tendono a guarire e per le quali non si deve intraprendere nessun trattamento terapeutico. L'altre gruppo è rappresentato dalle epatiti croniche aggressive o attive (nelle varietà moderatamente o intensamente attive) pe le quali è invece essenziale un trattamento terapeutico adeguato. L'epatite cronica aggressiva colpisce entrambi i sessi in genere predilige l'età matura (soggetti di 40-60 anni).
Epatiti acute complicate terapie
Nelle epatiti acute complicate quali provvedimenti terapeutici si devono attuare?
In pazienti con quadro clinico di epatite severa viene talora applicata la terapia cortisonica, sebbene la reale efficacia del cortisone in queste forme non sia del tutto accertata. Nei pazienti con epatite fulminante, con necrosi massiva del fegato, deve essere applicata una terapia di supporto: si deve mantenere l'equilibrio idroelettrolitico, controllare l'eventuale sanguinamelo, sostenere il circolo, correggere gli squilibri dello zucchero e altre complicazioni nella speranza che, dopo alcuni giorni, il fegato possa rigenerare, cioè possano le cellule epatiche residue moltiplicarsi, sostituendosi al fegato ormai distrutto. Nel caso di epatite acuta fulminante non si devono somministrare al paziente proteine; si deve invece dare un disinfettante intestinale (per esempio: neomicina) per evitare la produzione di fattori tossici da parte delia normale flora batterica, cioè dei normali germi presenti nell'intestino. Esistono, nel caso dell'epatite fulminante, altre possibilità terapeutiche, non ancora però molto diffuse nella pratica clinica. Una possibilità è quella di mettere in contatto il paziente affetto da epatite fulminante, quindi già in coma, con un fegato di maiale funzionante, che possa sostituire, con la propria attività, quella del fegato malato fino a che il fegato del paziente, per mezzo della rigenerazione delle sue cellule, non sia di nuovo in grado di svolgere le sue normali funzioni. Un'altra possibilità è la plasmaferesi, cioè la depurazione, per mezzo di membrane, del sangue dai fattori tossici che si accumulano in corso di epatite acuta fulminante.
In pazienti con quadro clinico di epatite severa viene talora applicata la terapia cortisonica, sebbene la reale efficacia del cortisone in queste forme non sia del tutto accertata. Nei pazienti con epatite fulminante, con necrosi massiva del fegato, deve essere applicata una terapia di supporto: si deve mantenere l'equilibrio idroelettrolitico, controllare l'eventuale sanguinamelo, sostenere il circolo, correggere gli squilibri dello zucchero e altre complicazioni nella speranza che, dopo alcuni giorni, il fegato possa rigenerare, cioè possano le cellule epatiche residue moltiplicarsi, sostituendosi al fegato ormai distrutto. Nel caso di epatite acuta fulminante non si devono somministrare al paziente proteine; si deve invece dare un disinfettante intestinale (per esempio: neomicina) per evitare la produzione di fattori tossici da parte delia normale flora batterica, cioè dei normali germi presenti nell'intestino. Esistono, nel caso dell'epatite fulminante, altre possibilità terapeutiche, non ancora però molto diffuse nella pratica clinica. Una possibilità è quella di mettere in contatto il paziente affetto da epatite fulminante, quindi già in coma, con un fegato di maiale funzionante, che possa sostituire, con la propria attività, quella del fegato malato fino a che il fegato del paziente, per mezzo della rigenerazione delle sue cellule, non sia di nuovo in grado di svolgere le sue normali funzioni. Un'altra possibilità è la plasmaferesi, cioè la depurazione, per mezzo di membrane, del sangue dai fattori tossici che si accumulano in corso di epatite acuta fulminante.
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