giovedì 4 marzo 2010

Trapianto di fegato

Un trapianto di fegato è la sostituzione di un fegato ammalato con uno sano prelevato da un donatore.

Il primo trapianto di fegato venne eseguito nel 1963 da Thomas Starzl a Denver (Colorado); il primo che ebbe successo, sebbene a breve termine, fu nel 1967. Nonostante il progredire delle tecniche chirurgiche il trapianto di fegato rimase nella fase sperimentale per tutti gli anni settanta, con circa il 25% dei pazienti che sopravvivevano almeno un anno. L'uso della ciclosporina migliorò decisamente i risultati e negli anni ottanta il trapianto di fegato divenne un trattamento clinico standard sia per adulti sia per bambini.

Il trapianto di fegato viene oggi eseguito in centinaia di centri negli Stati Uniti, in Europa e nel resto del mondo. La mortalità tre mesi dopo l'intervento è del 15% che sale a circa il 20% dopo un anno. Le percentuali sono in continuo miglioramento sebbene il trapianto continui ad essere una operazione molto complessa (un intervento può durare anche 15 ore) e con frequenti complicazioni.

Il numero di organi disponibili è molto basso rispetto alle necessità, e anche per questo si sono sviluppate le tecniche di trapianto di fegato tra viventi. Il fegato infatti si rigenera, ed è quindi possibile l'espianto parziale da un donatore vivente. Questa tecnica è anche stata favorita dal fatto che in alcune nazioni (ad esempio Corea del Sud o Giappone) non sia concepibile, per motivi religiosi e culturali, prelevare organi da un cadavere.

trapianto renale

Il trapianto renale si esegue con un intervento chirurgico che consiste nell'inserire un rene sano, prelevato da un donatore cadavere o donatore vivente, nella parte anteriore dell’addome del paziente (in sede extraperitoneale). Ad oggi rappresenta il trattamento preferenziale per pazienti affetti da insufficienza renale cronica in quanto è capace di restituire una normale funzionalità renale e permettere alla maggior parte dei pazienti il ritorno a una vita socialmente produttiva. È sufficiente un solo rene per condurre una vita normale, senza comunque un eccesso di abusi alimentari, che possano provocare un rischio di insufficienza renale.

I candidati al trapianto devono sottoporsi ad una serie di esami per escludere l’eventuale presenza di malattie che controindichino l’intervento e la successiva terapia antirigetto.

L'intervento chirurgico ha una durata che può variare da 2 a 4 ore. L'arteria e la vena che vengono prelevate con il rene, vengono unite alla vena e all’arteria iliaca e il suo uretere collegato con la vescica del ricevente.

trapianto - intervento di chirurgia

Il trapianto è un intervento di chirurgia che prevede la sostituzione di una componente di un organismo vivente, in quanto malfunzionante, con l'omologa, funzionante, espiantata da altro individuo.

Si individuano quindi due fasi: il prelievo della parte da un soggetto detto donatore e il successivo trapianto o innesto della stessa su di un soggetto detto ricevente, con l'eventuale rimozione dell'omologo nativo malato.

Si possono trapiantare organi (rene, fegato, cuore, polmone) o tessuti (cornee, sangue, osso, cartilagini, valvola cardiaca, vasi sanguigni, cute), insiemi complessi (mano).

Esistono diverse tipologie di trapianto, a seconda della tipologia del donatore, che può - per alcuni tipi di organo - essere una persona vivente, ma anche a seconda del tipo stesso di trapianto, che può essere ortotopico (l'organo nativo viene rimosso e l'organo del donatore viene piazzato nella stessa posizione anatomica dell'organo originario) oppure eterotopico (un nuovo organo viene affiancato a quello vecchio, non più funzionante, che però rimane al proprio posto; questo tipo di trapianto viene detto anche 'ausiliario').

Dal punto di vista clinico il trapianto è l'unica possibilità di cura per un vasto gruppo di malattie degenerative, talora ad evoluzione acuta, in cui la terapia sostitutiva non è sempre possibile. Il trapianto di rene consente di liberare il paziente dalla dialisi, in corso di insufficienza renale cronica, e quindi di migliorare sensibilmente la qualità della vita, così come quello di cornea.

Tecnicamente il termine appropriato per definire la rimozione di un organo o tessuto da un organismo donatore è prelievo di organi o tessuti; il termine espianto infatti tecnicamente va riservato al prelievo di un organo precedentemente trapiantato e rimosso per motivi diversi (non funzionamento, trapianto "domino"). Nella lingua d'uso comune il termine "espianto" è spesso usato nel senso di "prelievo".

Tossicologia forense

La "tossicologia analitica" è la disciplina che ha per oggetto la chimica analitica dei veleni e pertanto il riconoscimento dell'agente che sostiene l'intossicazione e che può causare una intossicazione, nonché la sua determinazione quantitativa, in qualsivoglia materiale contenuto (biologico e non biologico) a fini diagnostici, di impostazione e controllo del trattamento, nonché a fini prognostici. La "tossicologia forense" si occupa delle indagini della tossicologia analitica con finalità legale. Poiché dal riscontro analitico può conseguire un danno (civile o penale) il dato analitico che proviene da una indagine tossicologica forense deve rispettare alcuni requisiti obbligatori: certezza del dato analitico, dalla correttezza del prelievo del campione (vedi catena di custodia) all'analisi; corretta conservazione di una aliquota del campione per eventuali ulteriore controlli; impiego di una tecnica analitica validata e documentata; specificità dell'analisi (il metodo analitico non deve consentire la produzione di risultati errati); valutazione, interpretazione e spiegazione del risultato analitico. Campi di applicazione della tossicologia forense sono: 1) Diagnosi di intossicazione/avvelenamento (anche post-mortem); 2) Valutazione dell'errore nella somministrazione dei farmaci; 3) Diagnosi di alcool o tossicodipendenza: - correlata ad uno status pregresso o attuale al quale ricondurre benefici nel trattamento sanzionatorio o carcerario; - verifica del trattamento in regime di sospensione del procedimento o di esecuzione della pena; - azione di prevenzione e accertamenti sanitari in occasione della selezione per la leva e dell’arruolamento dei militari; - terapia volontaria ed anonimato a richiesta dell’interessato o dall’esercente la patria potestà; - idoneità ad attività lavorative a rischio (Provvedimento della Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano, 18 settembre 2008); 4) Assunzione di sostanze d’abuso per la valutazione: degli elementi costitutivi del reato -guida degli autoveicoli; - dello stato di incapacità; dell’imputabilità dell’autore di un reato; - di una aggravante del reato; in caso di adozioni o affidamenti di minori; annullamento di matrimonio (per uso di droghe precedenti al matrimonio celate al coniuge); 5)Problematiche tossicologiche connesse al doping.

Dolore acuto

Secondo la definizione della IASP (International Association for the Study of Pain - 1986):
e secondo l'associazione dell'O.M.S. Il dolore è un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale, o descritta in termini di danno.
Esso non può essere descritto veramente come un fenomeno sensoriale, bensì deve essere visto come la composizione:

* di una parte percettiva (la nocicezione) che costituisce la modalita’ sensoriale che permette la ricezione ed il trasporto al sistema nervoso centrale di stimoli potenzialmente lesivi per l’organismo, e
* di una parte esperienziale (quindi del tutto privata, la vera e propria esperienza del dolore) che è lo stato psichico collegato alla percezione di una sensazione spiacevole.

L'esperienza del dolore è quindi determinata dalla dimensione affettiva e cognitiva, dalle esperienze passate, dalla struttura psichica e da fattori socio-culturali.

* Il dolore è fisiologico, un sintomo vitale/esistenziale, un sistema di difesa, quando rappresenta un segnale d’allarme per una lesione tissutale, essenziale per evitare un danno.
* Diventa patologico quando si automantiene, perdendo il significato iniziale e diventando a sua volta una malattia (sindrome dolorosa)

(Mannion & Woolf, The Clinical Journal of Pain, 2000).

Il dolore può risultare pungente, tirante, bruciante, pruriginoso, a sbarra, compressivo ... Il fatto che sia una esperienza personale implica un valore soggettivo che non è facilmente quantificabile, In altre parole è assai difficile misurare e valutare un dolore nella sua completezza.

Terapia del dolore Algologia (medicina)

Per algologia o terapia del dolore si intende l'approccio terapeutico e scientifico al trattamento del dolore.

Il dolore rende spesso il soggetto inabile sia da un punto di vista fisico che emotivo. Il dolore acuto relativo ad un trauma è spesso reversibile naturalmente. Il dolore cronico, invece, generalmente è causato da condizioni difficili da diagnosticare e soprattutto da trattare. Talvolta i neurotrasmettitori continuano a trasmettere la sensazione del dolore anche quando la causa scatenante del dolore non esiste più; per esempio un paziente a cui è stato amputato un arto può provare dolore riferito all'arto che non c'è più (sindrome dell'arto fantasma).

Il trattamento con mezzi farmacologici è composto principalmente da (analgesici non oppiacei, oppiacei, antidepressivi triciclici, anticonvulsivanti) e misure non farmacologiche (esercizio fisico, applicazione di freddo o calore).

I medici che si occupano di terapia del dolore sono storicamente gli anestesisti. La terapia del dolore negli ultimi anni, a fatica, tende a divenire (a fatica soprattutto in italia) una pratica collettiva di tutti i medici (dal medico di famiglia, al neurologo, chirurgo....), anche se nella pratica molta strada è ancora da percorrere.
La terapia analgesica viene abitualmente applicata in vari contesti, da quello oncologico, a quello postchirurgico, traumatologico, neurologico (in particolare cefalee, nevralgie...), a contesti con minor gravità, ma altrettanto invalidanti: come l'ortopedico/reumatologico, odontoiatrico...

La terapia del dolore è spesso utilizzata soprattutto durante le ultime fasi di una malattia terminale.