giovedì 27 novembre 2008

Tumori della Bocca - tumori benigni e maligni

Tumori della Bocca, nella bocca sono abbastanza frequenti tumori benigni e maligni: i primi sotto forma di piccoli polipi o di chiazze biancastre (leucoplasia) o di noduli mobili sotto la mucosa (piccoli tumori originati dalle ghiandole salivari minori); i secondi caratterizzati da indurimento della mucosa, sanguinamento e infiltrazione dei tessuti vicini. Qualsiasi zona della cavità della bocca può essere sede di tumore maligno, tuttavia alcune parti sono più colpite, ad esempio le labbra, la lingua, la gengiva e il pavimento della bocca: poiché tutte queste zone sono rivestite da uno stesso tipo di epitelio, simile a quello della pelle, la maggior parte dei tumori maligni della bocca sono carcinomi, della varietà spinocellulare.

In genere questi tumori insorgono in età matura e avanzata; possono esser cause che ne facilitano l'insorgenza il fumo, l'alcoolismo, la cattiva igiene della bocca, la presenza di protesi dentarie mal fatteo guastate: curare l'igiene della bocca e dei denti e fumare e bere poco sono dunque misure protettive contro questi tumori. La loro diagnosi non è difficile, perché il cavo orale è facilmente esplorabile e perché in esso è altrettanto agevole asportare un pezzetto di una lesione sospetta per farla esaminare al microscopio (biopsia). La cura di questi tumori si avvale di vari mezzi: essi possono essere irradiati, o asportati chirurgicamente, o trattati con somministrazione di farmaci anticancro, se i primi due sistemi di cura non sono tecnicamente possibili.

In caso di tumori della bocca è inoltre indispensabile esaminare le ghiandole linfatiche del collo, le quali appaiono ingrossate o indurite se il tumore, come è facile, si è propagato in esse (metastasi): queste ghiandole debbono esser asportate chirurgicamente, ma un tale genere di intervento può esser fatto anche se le ghiandole linfatiche del collo sembrano normali, poiché può darsi che qualche microscopico gruppo di cellule maligne sia già migrato in esse. A parte le misure di prevenzione già accennate, è importante ricordare la necessità di farsi vedere subito dal medico quando si noti in bocca qualche indurimento o ulcerazione, o quando si veda una leucoplasia, sulla quale si può impiantare abbastanza facilmente un cancro: una diagnosi e una terapia precoce assicurano infatti notevoli probabilità di guarigione definitiva, un tumore orale trascurato è invece assai difficilmente guaribile con qualsiasi tipo di terapia.

Sindrome di Bitot - Degenerazione della congiuntiva oculare

Sindrome di Bitot. Degenerazione della congiuntiva oculare, che dall'aspetto di tessuto umido, come tutte le mucose, assume l'aspetto secco, come quello della pelle. Può essere causata da una riduzione grave della secrezione lacrimale. Può comparire nei casi in cui la congiuntiva rimane esposta all'aria per paralisi delle palpebre o per cicatrici che estroflettono le stesse palpebre. Può essere dovuta ad una carenza di vitamina A. Più spesso consegue ad una degenerazione cicatriziale dell'epitelio (rivestimento superficiale della stessa congiuntiva) a causa di affezioni diverse come il tracoma, le ustioni chimiche o fisiche e la radioterapia. Inizia con macchie isolate che poi confluiscono in chiazze sempre più grandi, specialmente nell'area di congiuntiva lasciata scoperta dall'apertura delle palpebre. Può estendersi su tutta la congiuntiva e la cornea, portando così alla xerosi totale. Nelle forme parziali si cura con forti dosi di vitamina A, pomate che contengono sempre la stessa vitamina ed antibiotici per proteggere dalle infezioni intercorrenti.

Intossicazione da Benzolo e omologhi

Intossicazione da Benzolo e omologhi,. Gli idrocarburi aromatici, di largo uso industriale come solventi, possono essere causa di gravi affezioni professionali: più tossico è il benzolo (o benzene), capace di provocare emopatie anche assai .gravi, meno nocivi sono il toluolo (o toluene) e lo xilolo (o xilene), la cui azione è particolarmente irritante per pelle e mucose; comune a tutti gli idrocarburi aromatici è anche la capacità di provocare più o meno accentuate turbe neuropsichiche. Esposti, in particolare, all'azione velenosa del benzolo e dei suo., omologhi sono — oltre agli addetti alla produzione — i lavoratori che usano tali sostanze in molti processi chimici industriali (per la preparazione di coloranti, linoleum, profumi, insetticidi, carburanti) e quelli che impiegano gli idrocarburi aromatici come diluenti, solventi e sgrassanti (nell'industria della gomma, delle calzature, delle pelli, delle resine e fibre tessili artificiali, degli inchiostri per eliografia e rotocalcografia). Il benzolo viene assorbito dall'organismo essenzialmente per via inalatoria, il toluolo e lo xilolo per lo più per via transcutanea. Mentre il benzolo è poco solubile nel sangue e viene in gran parte eliminato, senza aver subito cambiamenti chimici, con la respirazione, i suoi omologhi si ossidano nell'organismo, dando luogo ad acido benzoico che, per successivi processi biochimici, si trasforma in acido ippurico che viene eliminato con le urine. Le differenze nel metabolismo sono molto probabilmente alla base della diversità dei quadri sintomatologici presentati dall'intossicazione da benzolo da una parte e da quella da toluolo o xilolo dall'altra, soprattutto per quello che riguarda l'azione tossica sul sistema emopoietico. L'intossicazione acuta da idrocarburi aromatici per inalazione di vapori si manifesta per lo più con un caratteristico stato di ebbrezza, accompagnato da astenia, cefalea, vertigini, irritabilità; rara è la perdita di coscienza, comune invece la presenza di sintomi di tipo irritativo a carico di congiuntive, mucose e prime vie aeree. Le forme iperacute — soprattutto da benzolo — conseguenti a inalazione massima di vapori possono essere causa di un'ulteriore evoluzione dello stato di ebbrezza con comparsa di narcosi, crisi convulsive e ipotensione; può seguirne morte, dovuta a collasso cardiocircolatorio, vasocostrizione periferica o paralisi dei centri respiratori. Contrariamente al benzolo, che risulta blando irritante cutaneo in caso di contatto con la pelle, toluolo e xilolo possono provocare dermatiti, lesioni della cornea e delle mucose. Sono noti inoltre casi di insufficienza epatica e renale in esposti all'azione tossica degli idrocarburi aromatici (specificamente del toluolo), nonché di turbe digestive (nausea, dispepsia).

BARTOLINITE infezione delle ghiandole di Bartolini

La Bartolinite è un' infezione della ghiandola o, meno frequentemente, delle ghiandole di Bartolini, che sono poste, bilateralmente, dietro il bulbo del vestibolo, ai lati dell'ingresso vaginale. Le ghiandole, del volume di un pisello, hanno i due sbocchi che si aprono sulla faccia interna delle piccole labbra, ed il loro significato fisiologico è di secernere, sotto l'eccitamento sessuale, un liquido vischioso che provvede a lubrificare i genitali in occasione del coito. L'infezione avviene, per solito, per contiguità, dai genitali esterni in corso di una vulvite (o vaginite). Non è esclusa, comunque, l'infezione per via ematica. L'agente causale più frequente è, per solito, il gonococco, ma non è esclusivo. L'infezione è rara prima dell'adolescenza, perché in tale periodo le ghiandole non sono ancora funzionanti, e nella vecchiaia, perché mancano le condizioni favorenti, cioè coito ed orgasmo. È più colpita la ghiandola sinistra. L'affezione è raramente bilaterale. In corso di infezione la regione colpita si mostra ingrossata da una massa tesoelastica, grossa quanto una noce od un uovo di gallina, dolentissima, coperta di cute (e/o mucosa) rosso-congesta. Coesiste febbre, talora anche elevata. La rima vulvare conseguentemente è deformata. Spesso il grande ed il piccolo labbro sono edematosi. La pressíone sulla ghiandola esprime una secrezione purulenta maleodorante. Tale fase, di bartolinite acuta, può trasformarsi, se il condotto escretore della ghiandola viene otturato, in ascesso (raccolta chiusa). Questo, in mancanza di idonea terapia finisce per farsi strada (fistolizzandosi) nei tessuti o negli organi viciniori: faccia interna del grande labbro, vagina, retto o perineo. La diagnosi è abbastanza facile: non si possono fare confusioni con l'edema, l'elefantiasi vulvare, il trombo del grande labbro, il foruncolo, o l'ernia inguinale (che citiamo solo per amore di completezza propedeutica).

Malattia di Banti - Morbo di Banti

La Malattia di Banti è forma morbosa descritta da Guido Banti, illustre anatomp-patologo italiano; nel corso degli anni ha subito una profonda revisione, poiché, più che di una singola malattia, si tratta di una sindrome e cioè di un processo patologico non univoco, ma che trae origine da diverse situazioni che si traducono in una serie di sintomi tutti sovrapponibili tra loro. In conseguenza di ciò oggi si preferisce parlare di sindromi bantiane, facendo riferimento al modello descritto dal Banti stesso, anziché di una malattia di Banti. La triade sintomatologica è caratterizzata da splenomegalia (ingrandimento anche cospicuo della milza), anemia e cirrosi epatica (vedi). Nella sequenza delle sindromi bantiane dapprima insorge la splenomeglia; ad essa segue uno stato anemico ed alla fine il quadro morboso si conclude con la cirrosi epatica, ultimo atto che porta a morte il malato. Secondo il concetto del Banti, nella milza si formerebbero sostanze tossiche che esplicherebbero effetti anemizzanti e quindi indurrebbero alterazioni cirrotiche del fegato. Questa interpretazione è stata superata dagli studi di autori italiani (F. Micheli, E. Greppi, D. Cesa-Bianchi e M. Cellina), secondo i quali la milza e il fegato, costituendo un unico sistema, sono entrambi responsabili dello stato morboso di cui in alcuni casi la causa è sconosciuta (specie nelle sindromi bantiane giovanili), in altri essa va ricercata in agenti parassitari e infettivi (malaria, sifilide, tubercolosi, ecc.). Poiché la prima manifestazione delle sindromi bantiane è la splenomegalia, è proprio in questa fase che si possono conseguire risultati brillanti sottoponendo il malato ad asportazione della milza (splenectomia). Nelle sindromi bantiane da cause note, la terapia si avvarrà dei medicamenti specifici.

domenica 9 novembre 2008

Influenza febbre, infiammazione delle vie respiratorie, malessere generale

Influenza: - Secondo le teorie astrologiche, influsso esercitato dagli astri sui destini umani. In relazione alla credenza di un influsso degli astri e dell'atmosfera sul diffondersi della peste e di malattie contagiose, il termine influenza acquista il significato di malattia contagiosa, limitandosi infine al significato attuale di malattia infettiva acuta e contagiosa, di natura virale, frequente nelle stagioni fredde, in forma endemica ed epidemica.

E' caratterizzata da febbre, infiammazione delle vie respiratorie, malessere generale, dolori, ecc. Il periodo di incubazione va da 1 a 3 giorni. Prognosi generalmente favorevole. Terapia: sintomatica ed antinfettiva. Non si conoscono rimedi specifici. Del virus influenzale sono stati individuati finora tipi diversi. Le forme più gravi sembra che si debbano ascrivere al tipo A. Una forma pandemica imponente si ebbe in Europa nel 1918-1919 (la cosiddetta spagnola), con 10 milioni di morti.