giovedì 27 novembre 2008

Malattia di Banti - Morbo di Banti

La Malattia di Banti è forma morbosa descritta da Guido Banti, illustre anatomp-patologo italiano; nel corso degli anni ha subito una profonda revisione, poiché, più che di una singola malattia, si tratta di una sindrome e cioè di un processo patologico non univoco, ma che trae origine da diverse situazioni che si traducono in una serie di sintomi tutti sovrapponibili tra loro. In conseguenza di ciò oggi si preferisce parlare di sindromi bantiane, facendo riferimento al modello descritto dal Banti stesso, anziché di una malattia di Banti. La triade sintomatologica è caratterizzata da splenomegalia (ingrandimento anche cospicuo della milza), anemia e cirrosi epatica (vedi). Nella sequenza delle sindromi bantiane dapprima insorge la splenomeglia; ad essa segue uno stato anemico ed alla fine il quadro morboso si conclude con la cirrosi epatica, ultimo atto che porta a morte il malato. Secondo il concetto del Banti, nella milza si formerebbero sostanze tossiche che esplicherebbero effetti anemizzanti e quindi indurrebbero alterazioni cirrotiche del fegato. Questa interpretazione è stata superata dagli studi di autori italiani (F. Micheli, E. Greppi, D. Cesa-Bianchi e M. Cellina), secondo i quali la milza e il fegato, costituendo un unico sistema, sono entrambi responsabili dello stato morboso di cui in alcuni casi la causa è sconosciuta (specie nelle sindromi bantiane giovanili), in altri essa va ricercata in agenti parassitari e infettivi (malaria, sifilide, tubercolosi, ecc.). Poiché la prima manifestazione delle sindromi bantiane è la splenomegalia, è proprio in questa fase che si possono conseguire risultati brillanti sottoponendo il malato ad asportazione della milza (splenectomia). Nelle sindromi bantiane da cause note, la terapia si avvarrà dei medicamenti specifici.