domenica 29 marzo 2009

SINDROME POSTFLEBITICA O POST-TROMBOFLEBETICA

SINDROME POSTFLEBITICA o post-tromboflebitica, grave alterazione del circolo venoso degli arti, soprattutto di quelli inferiori, che segue sempre ad una pregressa lesione infiammatoria e trombotica (flebite o tromboflebite o flebotrombosi) dei tronchi profondi. È un processo cronico, evolutivo ed ingravescente. Va subito detto che occorre distinguere nettamente tale condizione dai postumi e dagli esiti di una analoga lesione dei rami venosi superficiali della gamba e della coscia. Tale lesione costituisce un evento patologico molto più diffuso di quanto non si creda, tanto da costituire una vera piaga sociale. Possono essere colpite le vene di un solo distretto o di due o più distretti insieme: per il bacino, la vena cava inferiore e le vene iliache; per la coscia, la vena femorale e poplitea; per la gamba, le vene tibiali e peroniere. In genere le lesioni colpiscono più punti. La malattia vera e propria, evenienza più rara, può interessare anche i due arti contemporaneamente. Se la sindrome ha come causa diretta la flebite, essa però è legata indirettamente a tutte quelle situazioni responsabili della insorgenza della flebite stessa: gli stati infettivi ( tifo, tonsilliti, ecc.: flebiti postinfettive); degli interventi chirurgici (flebiti postoperatorie); i tumori (flebiti dei cancerosi) ; le situazioni ostetriche (flebite del dopo parto); i traumi di ogni genere: sul lavoro, da incidenti automobilistici (flebiti post-traumatiche). Sono colpiti sia gli uomini che le donne, soprattutto nell'età compresa tra i 30 ed i 60 anni. Dal punto di vista della sintomatologia esistono vari quadri clinici. Si va dalle forme più lievi a quelle più gravi. Le prime, dette anche compensate, possono finanche sfuggire ad un riconoscimento clinico, per cui la loro diagnosi viene posta solo sulla base di un esame radiologico specifico (la flebografía). Le seconde, dette anche scompensate, presentano dei segni più l'aspetto circolatorio che dello stato dei tessuti (stato trofico). Esiste, infatti, in queste forme un gonfiore (edema) della gamba o dell'intero arto, più marcato nel pomeriggio e verso sera; la cute inoltre assume un colorito tendente al bluastro, specie alla metà inferiore della gamba ed al piede. L'ammalato avverte una molesta se non dolorosa sensazione di peso quando prolunga la sua posizione in piedi o seduto (peso ortostatico). Accanto al gonfiore sono presenti le varici. Con l'aggravarsi del processo, al danno circolatorio si aggiunge quello dei tessuti: la pelle presenta zone di eczema e finisce poi per bucarsi (ulcera). L'arto postflebitico abbandonato al suo destino si avvia così ad avere un gonfiore sempre più duro, di consistenza pressoché lignea (edema duro o fibredema). La diagnosi si pone sia sulla base degli elementi emersi dalla storia clinica (pregresso episodio flebitico profondo da cause varie), sia sulla base dell'aspetto clinico ( gonfiore, varici, eczema, ulcera) che dell'esame radiologico del sistema venoso dell'arto (flebografia). La cura della sindrome postflebitica è stata per il passato esclusivamente medica, oggi invece esistono anche notevoli possibilità chirurgiche. L'associazione di tutti questi presidi terapeutici, non disgiunta dalla osservanza rigorosa e costante da parte del postflebitico di alcune norme igieniche (riposo con arti sollevati durante il giorno, esercizio muscolare, evitare la posizione da seduto o la stazione eretta prolungata, non cadere in eccessi ponderali) può ridare all'arto un nuovo equilibrio circolatorio con ottimo e duraturo recupero funzionale. La terapia medica è basata su vari rimedi: uso di bendaggi, diuretici, farmaci antiinfiammatori, fibrinolitici, capillaroprotettori, acque termali, ecc. La terapia chirurgica consiste nell'asportazione dei tronchi varicosi (safenectomia), nella legatura delle vene comunicanti diventate insufficienti (esistono varie tecniche al riguardo, fra cui è celebre quella di Línton), nella possibilità di saldare i tronchi profondi alterati con ponteggi in vena (by-pass venoso), nel favorire lo scarico del circolo attraverso la via linfatica ausiliare (tipico in questo senso l'intervento di Thompson), nell'asportare la zona ulcerata per lo più a livello del malleolo interno e nel coprire la parte asportata con una plastica mediante un lembo di pelle, prelevata in genere dall'addome. Questi interventi però vanno condotti da specialisti dotati di larga esperienza. Il postflebitico dovrà badare a non mangiare molto (dieta ipocalorica), tenendosi soprattutto lontano da dolci, alcoolici, pasta e pane. L'arto del postflebitico non curato o curato male può portare a situazioni invalidanti, ma tale fenomeno oggi ha soltanto un valore storico. Sul piano generale, l'evenienza che un coagulo si stacchi dalle vene dell'arto e finisca ai polmoni (embolia polmonare) dopo il primo anno diventa sempre più rara.